Adesso però non esageriamo con reboanti concioni e stucchevoli discorsi sulla violenza, che va sempre e comunque condannata, per cui Delio Rossi, allenatore della Fiorentina, reo di aver menato un suo giocatore, Adem Ljajic, passerebbe alla storia sportiva non come un eccellente tecnico, fin troppo paziente, ma come un uomo manesco.
Siamo d’accordo. Il buon esempio deve venire dall’alto, nel caso specifico dalla panchina dove siede la massima autorità di una équipe deputata a tirare calci e non pugni. Rossi ha sbagliato
e non vale la pena di tenerla tanto lunga. Però, per favore, non trasformiamolo in un mostro, lui che è persona civile, tutt’altro che aggressiva, un maestro di football. Vogliamo dirlo che è stato trascinato per i capelli a improvvisarsi pugile, per giunta di una certa efficacia? Massì, diciamolo chiaro e tondo come il pallone: è inammissibile che un ragazzino,all’incirca ventenne, solo perché calza scarpe bullonate e indossa la maglia importante della Fiorentina, si senta autorizzato a insolentire il trainer che, per motivi insindacabili, lo sostituisce in campo con un collega considerato più adatto alla «pugna» in quel momento della partita.
Ljajic, nonostante la verde età, si è già costruito una solida fama di rompicoglioni. Ci sarà pure un motivo. Presuntuoso, indisciplinato, spocchiosetto: questo si dice di lui, ma non si trascura di precisare che ha talento da vendere. Immaginiamo che Rossi, durante il campionato in corso, sia stato costrettoa sopportare i capricci e le negligenze del campioncino. Un allenatore, d’altronde, ha il dovere di pensare, oltre ai risultati, alle risorse umane che gli sono state affidate; quindi, supponiamo che per il bene del club egli abbia spesso chiuso un occhio sulle intemperanze dell’atleta.
Ma tutto ha un limite. Anche gli allenatori nel loro piccolo s’incazzano. E Delio mercoledì sera ha perso le staffe. Dinanzi agli sberleffi dell’attaccante, offeso perché invitato ad accomodarsi negli spogliatoi per cedere il posto a un compagno più meritevole, gli ha dato una lezione pesantuccia: quattro sganassoni che vanno intesi come punizione cumulativa per le birichinate dell’intera stagione, non soltanto per l’ultima in ordine di tempo.
Siamo sicuri che il metodo pedagogico adottato da Rossi nei confronti dell’allievo impertinente avrà effetti miracolosi: Adam Ljajic, sorpreso dalle telecamere con gli occhi lucidi dopo il kappaò, difficilmente in futuro userà espressioni cafonesche verso qualunque allenatore, riconoscendo in lui come da contratto-il comandante supremo. Legerarchiesono gerarchie e vanno rispettate. Vero, un dirigente non ha facoltà di prendere a cazzotti i propri dipendenti, anch’essi degni di riguardo, ma è altrettanto vero che la buona creanza è meglio insegnarla con le maniere forti, in soggetti dalla testa dura, piuttosto che non insegnarla affatto.
Dispiace che l’allenatore sia stato esonerato a causa del descritto incidente, provocato, secondo i vertici della società, dallo stress.
Sul piano logico, non si comprende perché Rossi sia stato messo alla porta, mentre il calciatore sia stato soltanto messo fuori rosa. Sul piano economico invece si capisce benissimo: l’allenatore è uno stipendiato e, quindi, un costo; il giocatore, ancorché ben pagato, è un patrimonio del club. Più che il principio, poté il denaro. Come sempre.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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