L a Sardegna ha una storia di civiltà che solo un personaggio strano (eufemismo) come Cellino poteva devastare. É nella storia dei sardi la giustizia fai da te. Ma, banditismo a parte, è altrettanto solido il credo nel rispetto delle regole. Dunque questa rivolta del tifo gestita con superficiale pensiero dal presidente del Cagliari, e risolta in un altro obbrobrio del nostro calcio, è l'ennesima sconfitta di un mondo, non quella di un'isola di questo mondo. Avevamo visto una partita sospesa per volere degli ultras (Roma), ne abbiamo vista un'altra bloccata sempre per volere degli ultras con invito ai giocatori a togliersi le maglie (Genoa). Ora siamo arrivati un gradino più in alto: una partita rinviata (a forse mai se sarà 0-3 a tavolino) per l'idea inconsulta di un tipo ultras che, guarda caso, fa il presidente della società, vive nell'universo del pallone, si fa ascoltare dai suoi colleghi e magari qualcuno considera un benemerito.
Chiaro che non tutte le colpe sono di Cellino: il caso dello stadio di Cagliari è stato esasperato e portato a conseguenze estreme. Irresponsabili, o colpevoli che dir si voglia, sono Comune, Regione, Lega e autorità calcistiche. A ciascuno la parte sua.
Tutti bravi a non risolvere il problema. La solita gestione all'italiana: aspetta, aspetta, che qualcuno provvederà. Ma qui sprofonda il movimento calcistico, la lega gestita da un non presidente che ieri è ricomparso per farci sapere che il comportamento del Cagliari è inspiegabile. Veramente avrebbe dovuto spiegarcelo lui visto che Cellino fa parte della sua congrega di presidenti. Perchè mai non prendere la situazione in mano quando il Cagliari ha dichiarato Trieste sede all’atto dell’iscrizione al campionato? La fuga dal Sant’Elia poteva avere una giustificazione, per restituire a Cagliari uno stadio dignitoso. Ma non è credibile il teatrino che ne è seguito.
Questa era proprio la volta per mettere freno alle sciocchinerie (eufemismo) di Cellino. Il presidente del Cagliari è un eccessivo per natura e per questo calcio è un eccesso. Ma stavolta si è spinto ben oltre l’eccesso e le “cellinate“. Ha chiamato i tifosi alla disobbedienza civile soltanto per vedere una partita di pallone, che resta uno spettacolo di cui si può tranquillamente fare a meno. E non venite a menarla con la storia del cuore tifoso, della voglia di calcio, del pallone che ti distrae dagli altri problemi. I sardi di oggi, come quelli di ieri, potrebbero raccontarci a lungo dei problemi della vita, povertà e disperazione.
Peggio il Sulcis che Is Arenas a porte chiuse.
Oggi Cellino ha spinto il calcio italiano a un punto di non ritorno: o qualcuno decide, comanda e punisce, oppure anarchia e inciviltà galopperanno nella prateria del lassismo. Per fortuna di Cagliari, del Cagliari e dei cagliaritani (non solo tifosi) il prefetto è stato duro quanto serviva. Ha lavorato tra norme e buon senso.
Ha evitatol’ennesima domenica di tormento e paura. Ha spiegato a tutti che il calcio degli impuniti (e delle parole impunite) non può passare. Se federazione e lega hanno testa prendano atto. Il calcio dei business miliardari sarà pur in mano a furbastri e smemorati, ma ne abbiamo già abbastanza degli ultrà per sopportare anche presidenti ultrà.
I venti anni di Cellino al Cagliari sono pieni di storie ad effetto, provocazioni, tutto sopra le righe, parole e atti in libertà. É ora che il calcio si prenda la libertà di metterlo al bando: non deve aver pietà, a costo di una ingiustizia nei confronti del Cagliari che rischia la punizione per colpa di un rockettaro mai cresciuto. Ma punire tutti servirà perchè tutti capiscano: al largo dalle cattive compagnie. La disobbedienza civile non può passare.
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