Luigi Guelpa
Vincere, vincere, e vincere ancora sperando, perché no?, in un licenziamento. Nei deliri del calcio moderno trova quasi una sua naturale collocazione la storia di Jorge Sampaoli, timoniere argentino del Siviglia. Saltato l'accordo con la Lazio, ha ereditato la panchina da Unai Emery, l'uomo del tris in Europa League, il 27 giugno scorso. Due giorni dopo la firma è arrivata però dalla federcalcio di Buenos Aires la proposta di guidare la sua Argentina. Sampaoli ha tentato di fare coriandoli del contratto con gli andalusi, e se non fosse stato per la clausola rescissoria di 18 milioni di euro, che avrebbe dovuto versare di tasca propria, l'avrebbe anche fatto. È stato costretto a rimanere a Siviglia, almeno per qualche mese, strappando al presidente José Castro una promessa: la revisione del contratto in caso di promozione agli ottavi di finale della kermesse europea. Vincere per andarsene, e pilotare da gennaio la Seleccion affidata, al momento, all'ex cerbero di Italia '90 Edgardo Bauza. Ha quasi sempre allenato ai confini dell'impero il 56enne tecnico di Santa Fè, arrivando alla notorietà sulla panchina del Cile. Nel 2014 le sue alchimie, ispirate al "bielsismo" più radicale, risultarono decisive nel fare a pezzi la Spagna, costringendo i campioni del mondo in carica ad abdicare al primo turno nella kermesse brasiliana. Un anno dopo, con la squadra plasmata attorno a Bravo, Medel, Vidal e Alexi Sanchez, arrivò il titolo Sudamericano, da traditore, contro l'Argentina.
Numeri importanti che hanno portato Sampaoli ad essere uno degli allenatori più ambiti. L'ha spuntata il Siviglia, nonostante il pressing di Valencia, e dello stesso Psg prima di optare per Emery. «È un salto di categoria decisivo per la mia carriera - disse nel corso della conferenza stampa di presentazione - sognavo di allenare in Europa da sempre. E adesso che ci sono arrivato voglio lasciare il segno». Una traccia diventata impercettibile rispetto al solco, prestigioso, di nocchiero della nazionale del suo Paese. Soprattutto adesso che Messi ci ha ripensato e che la Seleccion zoppica nelle qualificazioni per i mondiali del 2018 in Russia. Ora però bisogna concentrarsi sulla Champions e pensare alla Juventus. A Torino i rojiblancos recuperano Vietto in attacco e Carrico in trincea, pezzi da novanta che si sono messi alle spalle i guai muscolari. Occhio a Ben Yadder, uno che in Ligue 1 è sempre andato oltre i 15 gol stagionali, mentre nelle terre di mezzo scalpita il franco-congolese N'Zonzi, sondato proprio dalla Juve dopo l'addio di Pogba.
Rispetto al Siviglia che costrinse i bianconeri al secondo posto nel girone dell'anno passato, consegnando la vecchia signora nelle fauci del Bayern, molte cose sono cambiate. Tra le partenze pesano quelle di Krychowiak, a fianco di Verratti nel Psg, del bomber Gameiro, nel cannibalico Atletico Madrid di Simeone, del martello Coke (allo Schalke) e di Banega all'Inter.
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