E' il solito gioco: Zidane o Simeone? Come Capello o Sacchi? Zeman o Lippi? Sarri o Allegri? Mourinho o tutti gli altri del mondo? Una finale di Champions mette di fronte non soltanto due squadre ma due filosofie di football, due modi di viverlo, di renderlo vincente. A qualcuno fa schifo l'Atletico di Simeone, come una malattia se lo conosce lo evita. Altri non sembrano eccitati dal gioco di Zidane, questo Real porta la firma dei solisti e non del direttore di orchestra. Cholisti o zidanisti, dunque. Il dubbio non è amletico ma infantile, direi anche di pura propaganda giornalistica alla quale si abbeverano i tifosi. Non si può parlare e scrivere di Atletico senza sottolineare con più colori di matita, che dal Duemilaundici, dunque dall'arrivo dell'argentino sulla panchina dei colchoneros, la squadra ha vinto 1 campionato, 1 coppa di Spagna, 1 supercoppa nazionale, 1 supercoppa europea, 1 Euroleague e negli ultimi tre anni si è presentata per due volte in finale, perdendone una quando sembrava averla vinta.
Se questo fa schifo allora tenetevi pure il resto del football, perché sugli almanacchi vengono riportate le vittorie e non certo lo spettacolo fornito dalle squadre. Le squadre di Simeone schiumano rabbia con il loro gestore, così era in campo, così andava ai materassi con Ronaldo, quello brasiliano, secondo tradizione e superiority complex sudamericana. I cholisti sono quelli che, inferiori di censo, di patrimonio o di mezzi, non rinunciano alla battaglia, anzi in questa trovano la forza per reagire e battere l'avversario più ricco, dotato e talentuoso. Cholista è una vita di mediano, cholista è il Sassuolo in Europa league, cholista è la Grecia campione d'Europa, cholista è il calcio cosiddetto di provincia, cholista è stata a volte la nazionale azzurra così come alcuni club nostrani vincenti in Europa. Il catenaccio è una parola proibita, un concetto bastardo, maledetto. Se lo applica Mourinho è un genio, quando ci provava Trapattoni era un pirla. Poveretto chi lo pensa senza sapere nemmeno chi sia stato Rappan e dove il verrou sia nato e perché venga chiuso al cancello della difesa.
Poi c'è lo zidanismo, roba fresca, di ultima generazione. Faccia un passo in avanti chi riteneva che Zidane potesse cambiare la cara del Real. D'accordo, dopo Benitez tutto è possibile, soprattutto a Madrid ma Zidane non è uomo di tattica, non è uomo di spogliatoio, non è leader se non per l'eccezionale talento che lo ha reso campione esclusivo della sua epoca e del suo ruolo (anarchico). Zidane stesso è stato cholista, ai tempi della sua adolescenza lungo le strade marsigliesi, quando soltanto il football lo tolse da pistolettate e lame di coltello a illuminare la notte a La Castellana. Era un povero immigrato cabilo che cercava di sopravvivere a una vita aspra. La rabbia lo portò a emergere, poi la classe, lo stile, la tenacia ma anche la sua personale solitudine, gli hanno offerto la gloria meritata.
Dunque non c'è uno zidanismo vero e proprio, è un fattore episodico, momentaneo, eventualmente si potrebbe e dovrebbe scrivere e parlare di ronaldismo, quello di Cristiano, l'uomo che da solo cambia una partita, rendendola la partita, da indeterminativo a determinativo. E' il portoghese a determinare un certo tipo di football che non piace ai nuovi docenti di calcio, i cavalieri della favola rotonda. Stasera il cholismo troverà nuovi iscritti, Zidane riceverà gli omaggi che si devono a un campione unico.
Il Real è stato suo, in campo, non è ancora del tutto suo, in panchina. L'Atletico è tutto di Simeone, di sangue e di fosforo.Che si giochi e basta, scappando via da aggettivazioni e dal mantra di un football unico e saggio. Milano tornerà a vedere una grande partita di calcio. Finalmente.
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