Domenico Latagliata
Nove punti di vantaggio lo scorso anno sulla seconda, al giro di boa del campionato. Due adesso. Juventus davanti a tutti, al solito: al Napoli dodici mesi fa, all'Inter oggi. Rispetto ad allora, però, le sensazioni sono diverse. La Signora by Allegri pareva inscalfibile, troppo più forte della concorrenza: magari non soddisfaceva pienamente gli esteti del calcio, ma di rado aveva illuso gli avversari. Al punto che certe partite rasentavano la noia: spesso in vantaggio agli albori delle stesse, poi Chiellini e compagni controllavano la situazione per poi piazzare il colpo del ko. La Juve by Sarri, nata per dare una spallata a quanto successo negli anni precedenti e per svoltare radicalmente anche sul piano del gioco e dell'atteggiamento, sembra invece ancora a metà strada. Buone partite ci sono state certo che sì: e ci mancherebbe altro, con quel parco di giocatori a disposizione ma sono rimaste un po' fini a se stesse: una vera continuità (di rendimento, almeno) non c'è mai stata davvero, forse anche perché la squadra ha ballato tra il 4-3-3 e il successivo 4-3-1-2, provando come trequartista prima Bernardeschi, poi Dybala e infine Ramsey. Giocatori con caratteristiche e modi di giocare differenti, nessun dubbio.
L'idea, insomma, è che Sarri debba ancora trovare la giusta quadratura del cerchio. Forse anche perché intrappolato dalla gestione di Ronaldo: imprescindibile per enne motivi, con il risultato però di essere anche portatore di tensioni e comportamenti non sempre consoni. Così, se CR7 si lamenta esplicitamente dopo una sostituzione ricevuta, altrettanto si sente in diritto di fare Dybala. La cui reazione (mano davanti alla bocca nel momento del cambio e chissà quale frase sussurrata all'indirizzo del tecnico: analogo comportamento la Joya lo tenne comunque anche nei confronti di Allegri) viene apostrofata dal tecnico toscano con un «non me ne può fregare di meno» che certo non fa scopa con lo stile Juve.
La ruvidezza dell'allenatore era peraltro già emersa in altre circostanze: numerose ai tempi del Napoli, confermatesi anche in Inghilterra e sia pure in numero ridotto anche in questi primi mesi sotto la Mole. Dove certi suoi modi, anche all'interno dello spogliatoio, sono stati ritenuti troppo diretti e poco politically correct: l'uomo però è fatto così e più di tanto non cambierà. «Siamo campioni d'inverno? Mi sono toccato ampiamente sotto. Lo sono stato due volte con il Napoli, senza poi vincere lo scudetto. Le statistiche si basano sul passato. E io non credo molto a queste cose». Per la cronaca, nella serie A a girone unico, due volte su tre chi è arrivato primo al giro di boa ha poi vinto lo scudetto vero.
«Il titolo di campione d'inverno non esiste, quindi non mi interessa vincerlo», la chiosa del tecnico bianconero. Che ieri ha dovuto anche prendere atto della fine della stagione di Demiral (lesione del crociato) e che, in definitiva, si sente sempre lo stesso: «Mia moglie dice che sono sempre la solita testa di c...».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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