Quella foto, postata su Instagram da Luca Antonelli, è diventata l'immagine simbolo della felicità Milan, rigustata non in una notte qualunque ma nella notte del derby che ha rovesciato il calcio a Milano. È la foto scattata a San Siro, nello spogliatoio in festa del Milan, con Silvio Berlusconi in primo piano a braccia spalancate e mano in segno di vittoria davanti a tutto il gruppo, calciatori, tecnici, dirigenti, fisioterapisti, magazzinieri, pigiati gli uni sugli altri. «Lo consideriamo un regalo di compleanno per i 30 anni da presidente (il 20 febbraio, ndr)» la dedica tenera di Adriano Galliani che ha poi accompagnato a cena, il corteo presidenziale pieno di politici. È cominciata finalmente la traversata del deserto rossonero che dura già da due anni e passa? È presto per dirlo, come hanno ammesso molti dei protagonisti della serata magica. «Siamo ancora sesti, le prossime tre partite saranno decisive» la chiosa di Abate. E già quella di Palermo domani non sarà una gita.Ma questo nuovo clima, finalmente non più depresso e polemico, può di sicuro aiutare Mihajlovic e la sua ciurma a risalire la china e a riguadagnare la fiducia del suo popolo, rimasto freddo e lontano fino a domenica notte. «L'Europa league è il traguardo alla portata ma con l'andatura delle altre squadre che ci precedono non è persa la speranza di poter raggiungere la zona Champions» la prima iniezione di fiducia di Silvio Berlusconi a tutto il Milan, degna di un autentico capo-azienda che ha il dovere di puntare sempre al massimo per motivare i suoi. Perciò di fronte al luccichio del 3 a 0, il presidente non si è accontentato. «Dovrebbe essere ancora meglio il Milan» ha spiegato uscendo dallo stadio mentre i tifosi gli cantavano intorno, come ai vecchi tempi. Il derby riconquistato è stata l'occasione per parlare di Mihajlovic e anche di mister Bee, unico argomento sul quale ha tradito una qualche irritazione. «Come non fare i complimenti all'allenatore dopo una prova del genere» la frase che ha il senso pratico di cancellare le polemiche legate all'ultima presenza in tribuna (8 novembre per Milan-Atalanta, 0 a 0, e i complimenti fatti a Reja). «Se Mihajlovic è l'allenatore del Milan è perché riscuote la fiducia del club. Il rinnovo? Vediamo, come per tutte le squadre gli allenatori vivono di risultati», un invito a non considerare la missione compiuta con lo squillo di tromba del derby ma a continuare per la strada maestra, cancellando dall'agenda aggiornamenti sull'incandescente materia della prossima panchina. «Lippi? Non l'ho sentito. Conte? Non c'è niente in previsione», le risposte nette del presidente sui due nomi più gettonati nel recente passato. «La squadra è sempre stata schierata con Mihajlovic anche quando perdeva» la sottolineatura di Galliani che ha provato a cementare, nei giorni più complicati della stagione, la panchina del serbo. «Gli allenatori di solito si cambiano quando non sono più seguiti dalla squadra», la chiosa.Se il Milan è tornato a sorridere, la vicenda della trattativa con il magnate thailandese è ancora in un vicolo cieco. Anche qui Silvio Berlusconi è stato un libro aperto. «Mister Bee ha scontato la crisi del mercato cinese, abbiamo scadenze molto prossime ma nel frattempo altri soggetti hanno mostrato interesse», il punto sul negoziato.
Sono due le cordate che in effetti hanno di recente mostrato interesse a sedersi al tavolo di Fininvest: una dell'area araba, l'altra cinese. Devono naturalmente accettare le due condizioni regine dell'affare: la valutazione del club non lontana da quella già concordata con mister Bee e l'acquisizione del pacchetto di minoranza.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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