Se l'erba di Wimbledon adesso è "cemento" verde

Altezza a 8 mm, il prato inglese rinforzato e appiattito da rulli: la pallina rimbalza più lenta

Se l'erba di Wimbledon adesso è "cemento" verde
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Il Tempio violato. Oggi alle 16 su Sky sul Centrale di Wimbledon Novak Djokovic (n.2 del mondo) e Carlos Alcaraz (n.1 del ranking) si affronteranno nella finale più attesa per questa edizione 2023 dei Championships. Tanto in gioco nella sfida generazionale per eccellenza, visti i quasi 16 anni di differenza tra i due. Un qualcosa che riporta alla mente la sfida tra Jimmy Connors (quasi 22enne) e Ken Rosewall (quasi 40enne) del 1974. Già, tempi andati in cui l'erba era un qualcosa di unico nel suo genere: la necessità di adattarsi a rimbalzi sempre irregolari, rendendo impossibile scambiare dalla riga di fondo. Palline, superficie e racchette tali da giustificare la pratica del noto serve&volley, in cui la capacità di accorciare gli scambi e di leggere prima il gioco era la carta vincente.

Del resto, lo stesso Björn Borg, che aveva cambiato il tennis con l'introduzione dei colpi in top-spin e di un gioco da dietro di grande efficacia, supportato da una preparazione fisica fuori dal comune, si dovette trasformare per il grass britannico. Anche per il fuoriclasse scandinavo la via fu quella della transizione verticale, valsa cinque titoli consecutivi dal 1976 al 1980. Dì lì seguirono altri grandi interpreti del gioco di volo come l'americano Pete Sampras, a segno in sette circostanze fino al 2000. Tuttavia, in quel periodo in cui le velocità al servizio si facevano sempre più importanti, per via di attrezzi all'avanguardia dal punto di vista tecnologico, si cominciò a porre il problema se il tennis potesse trasformarsi in una sorta di tiro al piattello. Gli organizzatori puntarono quindi su due interventi importanti sulla superficie: la prima nel 1995 modificò l'altezza dell'erba, portandola da 6 a 8 mm, per garantire rimbalzi più controllabili della pallina; la seconda, dal 2001, fu la preparazione dei campi al 100% con il loietto inglese, sempre tagliato a 8 mm e innestato su un terreno appiattito da rulli più pesanti rispetto a quelli usati in passato.

Queste modifiche si sono tradotte nell'erba che conosciamo nelle recenti edizioni dello Slam londinese, una specie di cemento verde in cui la pallina rimbalza più alta, in maniera più lenta e con maggior regolarità, consentendo ai tennisti di avere qualche frazione di secondo in più per colpire la pallina. E così non stupisce che quest'oggi Djokovic, l'emblema del tennis orizzontale e difensivo, ambisca a eguagliare il record di Roger Federer (8 affermazioni a Wimbledon). Curiosità vuole che l'ultimo giocatore a vincere con il modello serve&volley puro fu nel 2001 Goran Ivanisevic, attuale allenatore del serbo. Un segno del destino.

Spetterà ad Alcaraz, appartenente alla razza degli universali come Federer, far saltare il banco e magari ridare anche un sapore diverso a un tennis fin troppo omologato sull'erba battuta, così definita tempo fa da Gianni Clerici.

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