nostro inviato a Londra
L'Italia torna da Londra con 28 medaglie e senza grandi firme. Non è un'Italia anonima, certo un po' anomala. Ci siamo persi i campioni sui quali puntavamo. Alcuni hanno chiuso, altri sono affondati in vasca (Pellegrini e Scozzoli tanto per citare). Ci siamo immersi nel deflagrante caso Schwazer, una macchia: indimenticabile, ammette il presidente Petrucci. «Che lo sport italiano non merita». Italia che dice: nello sport di squadra stiamo tornando a grandi livelli. «Pallavolo e pallanuoto maschile mi hanno inorgoglito», conferma Petrucci. Ma ancora non ci siamo. Se è vero che un movimento e la cultura sportiva si misurano dal comportamento dei suoi sport di squadra, qui siamo a un argento e un bronzo. Abbiamo lasciato a casa calcio e basket, le ragazze di pallanuoto e pallavolo hanno gettato l'occasione. La pallavolo ha recuperato un bronzetto, dopo aver passato in bianco l'Olimpiade di Pechino. La gente della pallanuoto ci ha riprovato dopo lunga astinenza. E non contiamo tiro, scherma e ginnastica: anche nelle gare di squadra conta solo la prestazione individuale.
Ieri Petrucci, presidente uscente, se l'è cantata e se l'è suonata. Ha spiegato che l'Italia va esaltata e promossa. «Siamo ancora nel G8 delle Olimpiadi, abbiamo recuperato una posizione rispetto a Pechino e vinto una medaglia in più». A rigor di numeri potrebbe avere ragione. Eppure, ancora una volta, Italia nostra ha dimostrato la forza dell'individualismo e la poca disponibilità a far squadra: le liti del nuoto ce le siamo già dimenticate? Il caso Schwazer ha mostrato le crepe di una federazione che vince poco e non ci prende con la gestione degli atleti (leggi Howe, Di Martino, Schwazer). Nella scherma si è parlato più delle beghe fra fiorettiste piuttosto che del loro gran vincere. Certi musi lunghi sul podio sono indimenticabili. Le sconfitte del canottaggio hanno aperto altri stati di crisi.
Petrucci ha visto miss Olimpiade in Jessica Rossi, tiratrice infallibile. La bravura dei tiratori, l'eccellenza nella scherma, fanno parte della storia del nostro sport. Ma che fine abbiamo fatto negli sport da vetrina, ovvero nuoto (in vasca) e atletica? Un bronzo e tutti a casa. Petrucci se l'è cavata con un po' di faciloneria. «Se avessimo vinto nel nuoto e nell'atletica saremmo la quarta nazione al mondo». Nel nuoto e nell'atletica vincono anche paesi del terzo o quarto mondo. E non sono nei primi quattro al mondo. Una medaglia nella ginnastica maschile è un tesoro, tre nella boxe sono un bel gruzzolo, siamo caduti nel canottaggio, andiamo meglio in canoa. Abbiamo raccolto otto medaglie di legno, fanno male quelle della Cagnotto, d'accordo. Ma questa Italia somiglia sempre a quel tipo sull'asse d'equilibrio e senza rete di sotto. Anche se sono aumentate le discipline andate sul podio (15), il numero di medagliati esordienti (50%) ed è aumentato il numero di atleti infilati nei primi otto posti (71). È un'Italia piaciuta a Napolitano e Monti che ieri si sono complimentati, ma che dovrà far di conto con i tecnici che se ne vanno e quelli che non sono in grado di sostituirli. Se oggi dovessimo affidare questa nazione sportiva ad una faccia, ad una firma, saremmo tutti nell'imbarazzo. Avevamo Pellegrini, Vezzali, Idem, Sensini, Schwazer, mettiamoci anche Cammarelle e qualche altro. Oggi sono tutti pronti per la pensione o per l'oblio. I tiri perfetti di Jessica, le bracciate di Molmenti non possono bastare.
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