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Sindrome cinese: milanisti infuriati, interisti nostalgici

Tifosi rossoneri sul piede di guerra vogliono il cambio e Berlusconi via. Quelli nerazzurri che l'hanno già provato non dimenticano Moratti

Sindrome cinese: milanisti infuriati, interisti nostalgici

La Cina si avvicina alla Milano del pallone tra speranze forse anche eccessive e qualche autorevole dissenso. Inter e Milan sono alle prese con notizie, aggiornamenti e dettagli quotidiani sullo stato dell'arte delle due trattative che dovrebbero portare alla ribalta un socio forte per Erick Thohir, attuale presidente neroazzurro, e un consorzio di investitori capaci di acquisire la maggioranza detenuta dalla famiglia Berlusconi. Nell'attesa che lo scenario venga meglio definito e sostituito dalle firme di contratti, ecco il primo controcanto interpretato da un esponente della grande Inter di Angelo Moratti, Luisito Suarez. «Non capisco questo nuovo presidente: prima promette sfracelli, poi chiede aiuto» la sua stoccata seguita da un giudizio negativo sul cambio di proprietà dei due club milanesi. «Inter e Milan stanno perdendo l'identità italiana con riflessi evidenti sulle rispettive squadre» la sua conclusione molto amara. E d'altro canto che l'incertezza sul futuro interista sia reale è confermato anche dalla recente battuta di Roberto Mancini, il tecnico che fin qui ha fatto da pilastro della società. «Restiamo io e il presidente? Se lo dice lui» la risposta. Eppure il lavoro del management sportivo, il ds Ausilio insomma, non si è fermato: oltre a Ever Banega, già prenotato a gennaio, c'è in arrivo un secondo parametro zero, il turco Coner Erkin del Fenerbahce, un difensore laterale di piede sinistro. Certo non sono questi i due-tre rinforzi immaginati dallo stesso Mancini per completare il gruppo e puntare, nella prossima stagione, allo scudetto. Perciò in questo clima di destini incerti, è possibile rintracciare sul web la nostalgia canaglia per la presidenza di Massimo Moratti che ha, parole del fratello Gian Marco, «l'ossessione dell'Inter» ed è visto dai tifosi come l'unico protettore dei loro sogni.

A leggere i resoconti dell'assemblea milanista di giovedì pomeriggio, invece, sembrerebbe rotto l'incantesimo tra Silvio Berlusconi e la platea del tifo rossonero, dotato di scarsa memoria visto che un paio di stagioni negative (l'ultima partecipazione alla Champions è del 2014) hanno seppellito trent'anni di trionfi e successi irripetibili. Non è la prima volta che succede. Anche all'alba dell'era Berlusconi, con Liedholm in panchina, e in campo il blocco che portò alla successiva cavalcata, ci fu una feroce contestazione del pubblico, con pietre lanciate sulla panchina dello svedese. I rilievi polemici dei piccoli azionisti, secondo taluni osservatori, hanno avuto il merito di rimettere in sintonia i due ad Galliani e Barbara Berlusconi, riuniti in un vertice per rispondere ai quesiti relativi ai settori di competenza di lady B, intenzionata secondo il sito Dagospia - nel caso di cessione del Milan a trasferirsi a Los Angeles per occuparsi di Medusa, l'azienda cinematografica. Ormai il Milan e il suo azionista si ritroveranno nei prossimi giorni dinanzi a un bivio: concedere l'esclusiva al consorzio cinese per arrivare a un preliminare e quindi a ipotizzare entro la fine del 2016 la cessione della maggioranza delle azioni oppure tirare dritto contando sulle risorse di Silvio Berlusconi ma avendo di fronte la necessità di provvedere a un rilancio tecnico della squadra ancora più dispendioso. Le diverse sigle di colossi industriali lanciate dai media come interessate all'operazione (l'ultima Evergrade Group) non hanno trovato conferma ufficiale al pari del deposito a garanzia. Il nodo è sempre rappresentato dalla decisione del presidente che ha coltivato il progetto di passare la mano non dopo un paio di stagioni deludenti ma alla vigilia di un vigoroso rilancio.

Perciò non è sfrenata fantasia immaginare che qualora i reclamati cinesi dovessero comportarsi al Milan come Thohir all'Inter, non ci siano pellegrinaggi dalle parti di Arcore.

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