Tredici è il numero della fortuna. Per la Juve forse un po’ meno: pareggio numero 13, dopo essere arrivata a 13 vittorie. Numero perfetto per l’equilibrio statistico, un po’ meno per sentirsi forte in classifica. Il sorpasso del Milan oggi diventa ufficiale e reale, ora c’è da inseguire. Niente di male può capitare a tutti, ma questa Juve continua a stirarsi il colletto della camicia come chi si senta poco a suo agio, o come quei ragazzi che non sanno rispondere all’interrogazione. La Juve risponde male: tre pareggi consecutivi, il quinto nelle ultime sei partite, ancora una volta costretta ad inseguire il risultato. Poi, d’accordo, c’è Pirlo che ti rifila due-tre passaggi a partita e qualcuno sfrutta sempre, Vucinic si ricorda di essere un uomo da gol (costato ben 18 milioni, non noccioline) e ti rimette in corsa, la difesa in qualche modo se la cava nonostante la presenza di Bonucci che ieri ha tentato di tutto per farsi cacciare: dopo una decina di falli (ehi arbitro...) su Ramirez finalmente c’è riuscito.
Già, e adesso la Juve si ritroverà senza i tre difensori centrali titolari: Barzagli, Chiellini, Bonucci appunto (e questa assenza sarebbe l’unico vantaggio). Non proprio un bel grattarsi la crapa (con o senza parrucchino) per Conte, che ieri si è visto rifilare un ceffone dall’arbitro: subito fuori alla prima protesta un po’ ostentata (Pulzetti tira la maglia di De Ceglie in area e tutti a chiedere rigore). Altre volte si è visto di peggio. Forse, stavolta, l’agitato allenatore ha pagato per tutte le altre. Come qualcuno avesse inteso ricordare quell’autogol recente di Nicchi, presidente degli arbitri: «E adesso fischiamo tutto». Appunto, forse voleva dire: tutto anche a Conte. Piccole vendette arbitrali. A pensar male, quasi mai si fa peccato. E il rigore non avrebbe offeso nessuno. Che poi quelli siano falletti (De Ceglie cade o si lascia andare?) da non fischiare è altra storia. Già s’odono i lamenti: possibile che alla Juve non fischino mai i rigori?
Però qui è la Juve a dover cambiare passo: nel primo tempo di Bologna sembrava l’ultima Inter di campionato o l’ultimo Milan di Champions. Da piangere. Nella ripresa ha recuperato faccia migliore. Il Bologna si è provato in una gran partita. Gastone (Ramirez) ha fatto il Gastone: uomo portafortuna, giocate d’oro e velocità da oro. Nel primo tempo ha anticipato l’idea di Pirlo della ripresa, infilando un pallone filtrante per il guizzo di Di Vaio e la difesa bianconera c’è rimasta di sasso. Di Vaio non ha dimenticato la parte del grande vecchio, ed anche del grande ex, ed ha colpito con la pennellata dell’artista per mandare sott’acqua i bianconeri. La Juve è uno dei bersagli preferiti del grande vecchio pelato: sei gol compreso questo. Così come il Bologna è diventato l’ancora di salvezza della fama da goleador di Vucinic, un gol all’andata (il primo in bianconero e anche allora finì 1-1) e ora questo a tacer le lingue che cominciavano a mugugnare sul suo rendimento: e ieri si sono viste le sue giocate.
Partita a due facce davvero: primo tempo più piacevole grazie a quel Bologna assatanato. Di contro Juve scontata, troppi errori nei passaggi, giocatori sempre in ritardo, tre polli in difesa quando Di Vaio ha messo la zampa. Ripresa con la Juve più grintosa, determinata, pronta a cambiare passo e velocità d’azione. Pirlo ha infilato il pallone decisivo per Vucinic, Borriello si è mangiato un gol. Conte ha trovato ben poco per valorizzare una manovra che fatica sempre a proporre occasioni da rete agli attaccanti. Sono rimasti in panchina Matri e Del Piero, se ne avesse avuto uno il Bologna probabilmente avrebbe vinto la partita. La squadra di Pioli ha giocato bel calcio, sbrigativo e veloce a centrocampo, ma poco efficace nella fase finale. La Juve ha rivisitato tutte le sue debolezze e si è salvato ancora con la forza fisica, la determinazione e il sacrificio di tutti. Ma tutto questo potrebbe non bastare per vincere lo scudetto: Pirlo salva la prestazione allungando qualche buon pallone, ma ansima nella gestione del centrocampo. Marchisio ha ripreso un po’ di lena. Vidal e gli altri non concedono un alto livello da minimo garantito.
E in tutto questo assaporar di bello o di brutto, l’idea peggiore è venuta da uno striscione issato nella curva bolognese: «Pessotto simulatore.
Si è buttato o era rigore». Pessotto, ex giocatore e dirigente juventino, tentò il suicidio sei anni fa. Restò vivo dopo aver passato il coma e una lunga riabilitazione.Così spiritosi da rivoltare lo stomaco: in faccia a loro ovviamente.
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