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Sla, rischio doppio per i calciatori: ma in Serie A sale di sei volte

Lo studio condotto da due ricercatori dell'Istituto di Ricerche Farmacologiche "Mario Negri" di Milano dimostra che la Sla attacca i calciatori con una media di due volte superiore alla popolazione, sei volte tanto se hanno giocato in Serie A

Sla, rischio doppio per i calciatori: ma in Serie A sale di sei volte

Se fai il calciatore hai il doppio delle possibilità di ammalarti di Sla. Se giochi in Serie A, il rischio sale di sei volte. È l'inquietante conclusione a cui è arrivato lo studio epidemiologico condotto da due ricercatori dell'Istituto di Ricerche Farmacologiche "Mario Negri" IRCCS, Ettore Beghi ed Elisabetta Pupillo, in collaborazione con Letizia Mazzini dell'Azienda Ospedaliero-Universitaria di Novara e con Nicola Vanacore dell'Istituto Superiore di Sanità. La ricerca, che sarà presentata a Filadelfia al meeting annuale dell'American Academy of Neurology, è partita dall'esame dei nominativi dei calciatori presenti nelle collezioni di figurine Panini, a partire dalla stagione 1959-1960 fino a quella 1999-2000. In tutto sono stati analizzati i casi di 23.875 calciatori professionisti, seguito fino al 2018 dai ricercatori dell'Istituto Mario Negri. Trentadue i casi di Sla accertati. I più colpiti dalla cosiddetta Sclerosi laterale amiotrofica - malattia degenerativa che porta in maniera più o meno rapida all'atrofizzazione dei muscoli del corpo fino alla totale immobilizzazione - sono risultati essere i centrocampisti, 14. Seguono nove difensori, sei attaccanti e tre portieri.

"I calciatori rischiano di più e a un'età più bassa"

Come spiega il professor Beghi, "Ciò che la nostra ricerca conferma è che il rischio di Sla tra gli ex-calciatori è circa due volte superiore a quello della popolazione generale. Analizzando la serie A, il rischio sale addirittura di sei volte, ma la vera novità consiste nell'aver evidenziato che i calciatori si ammalano di Sla in età più giovane rispetto a chi non ha praticato il calcio". Infatti, l'insorgenza della malattia tra i calciatori si attesta sui 43,3 anni, più di venti in meno della popolazione generale italiana (65,2). Quindi, commenta il dottor Pupillo, "ci troviamo di fronte a un'insorgenza anticipata di 22 anni nel caso dei calciatori, quindi non solo costoro si ammalano di più, ma contraggono la malattia in età precoce rispetto ai malati che non hanno giocato a calcio. Il dato, inoltre, potrebbe non essere definitivo perchè alcuni casi potrebbero essere sfuggiti alle inchieste giornalistiche e a quelle giuridiche, le fonti principali delle nostre informazioni". Considerazioni condivise da Damiano Tommasi, ex centrocampista e attuale presidente dell'Associazione italiana calciatori: "I dati della ricerca, e non è la prima volta, evidenziano questa connessione tra calcio e Sla che da una parte preoccupa e dall'altra ci invita a porre attenzione a qualsiasi iniziativa che possa aiutare a saperne di più. L'auspicio è che attraverso la ricerca si possano dare soluzioni alle tante persone colpite da questa terribile malattia".

Borgonovo, Signorini e le possibili cause della Sla

Persone normali ma soprattutto calciatori. Solo in Italia, gli ultimi casi sono stati quelli dell'ex attaccante della Fiorentina, Stefano Borgonovo, e dello storico capitano genoano Gianluca Signorini. Le loro storie hanno commosso i calciofili italiani senza distinzione di tifo. Borgonovo, grande amico di Roberto Baggio, ha vissuto fino all'ultimo giorno tentando di sdrammatizzare la malattia, definendola "la stronza che si sveglia e cerca di fotterti", come riportato nell'introduzione del libro di Massimiliano Castellani, "Sla, il male oscuro del pallone". Mentre Signorini, bandiera del Genoa a cavallo tra anni Ottanta e Novanta, emozionò l'Italia quando ormai privo di forze e ridotto sulla sedia a rotelle pianse sul prato dello stadio Ferraris durante la serata organizzata in suo onore dai tifosi rossoblù. Dalla scomparsa di Borgonovo e Signorini sono passati rispettivamente 5 e 16 anni, ma la "stronza" continua a mietere vittime. L'ultima lo scorso 25 febbraio, l'ex arbitro di Serie A Giuseppe Rosica, morto a 62 anni dopo una lunga battaglia combattuta "per i miei nipoti".

Ma perché si contrae questa malattia, conosciuta anche come "morbo di Lou Gehrig" dal nome del campione americano di baseball che per primo la contrasse negli anni Trenta? Al momento non è possibile rispondere con precisione. A provocarla potrebbero essere alcune concause: predisposizione genetica, traumi alle gambe e al capo, eccessi di fatica e abuso di medicinali, fino ai pesticidi e ai diserbanti utilizzati in passato per la manutenzione dell'erba dei campi degli stadi. La connessione tra Sla, pesticidi e diserbanti è stata confermata dal dottor Adriano Chiò, uno dei massimi studiosi italiani del morbo, in un'intervista alla Gazzetta dello Sport: "Nel nostro Paese la comunità più colpita è quella dei calciatori: a seguire gli agricoltori, attaccati il doppio rispetto alla media". Tra le altre vittime della Sla si contano anche importanti giocatori del passato come Armando Segato (Fiorentina), Guido Vincenzi (Inter), Ernst Ocwirk (Sampdoria) e Fulvio Bernardini, calciatore di Lazio, Inter e Roma e poi c.t. della Nazionale italiana negli anni '70.

Le nuove linee guida per combatterla geneticamente

Nonostante le ricerche condotte in tutto il mondo negli ultimi anni, la Sla è ancora una malattia incurabile. L'unico farmaco capace di rallentarne il decorso è il Rilutek, palliativo a base di riluzolo. Ma i ricercatori non si arrendono e il 25 marzo 140 specialisti di ogni parte del mondo hanno pubblicato su Neurology le nuove linee guida sulla Sclerosi laterale amiotrofica. Il loro lavoro, coordinato dal professor Vincenzo Silani dell'Istituto auxologico italiano, del Centro "Dino Ferrari" e dell'università degli Studi di Milano, insieme a Hiroshi Mitsumoto della Columbia University di New York, ha prodotto "un documento destinato a segnare un nuovo traguardo della comunità neurologica per gli anni a venire.

Il lavoro pubblicato su Neurology - ha spiegato Silani - segna un importante passo in avanti" rendendo nota la scoperta di oltre 30 geni patogenetici della malattia con i quali sarà possibile "ipotizzare una terapia personalizzata a correggere specificamente la genetica dei pazienti affetti" dal morbo di Lou Gehrig.

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