Un altro pallone d'oro di Cristiano Ronaldo: li riceve e li dispensa. Bontà d'animo e talento di un campione. Però, poveretto! Chi l'ha visto giocare contro il Marocco ne avrà avuto pena: così Grande e così solo. Fioriranno i romanzi sulla solitudine del Campione, meglio la solitudine del CR7, che non è come dire un classico numero 7. Cristiano e il Marocco potrebbero darsi la mano: qualcosa potrebbe accomunarli. A ognuno la sua sfortuna. Marocco fuori dai mondiali per un autogol subito all'ultimo dall'Iran. In aggiunta, alla seconda partita, si è trovato Ronaldo davanti ai sogni. Vedi Ronaldo e poi Non proprio un andar in carrozza, nonostante un bel muoversi sul campo. E qui si vedono i meriti dell'allenatore, che se la gioca con CR7 anche sul più bello del reame: questa è storia del gossip, non commento. A ciascuno il suo regno. Anche se Hervè Renard non deve aver lo stesso fascino con gli arbitri: si è a lungo lamentato per un rigore non concesso. Non a torto: l'arbitro è parso un po' sbadato, nel finale del primo tempo, per un intervento del portoghese Fonte in piena area.
Diverso il pollice verso incombente su CR7: gioca in una squadra che pare un punching ball e poco più. Lui segna il gol, loro provano a difenderlo. Hanno mollato il gioco in mano agli avversari, li hanno lasciati tirare sperando nella mira sballata e nelle doti del portiere Rui Patricio. Qui non si parla nemmeno di catenaccio vecchio stile, solo una sorta di pigrizia filosofica nel produrre gioco e forza di reazione. Pure tanti errori. Ed anche fantasmini: Joao Mario ha dimostrato che non poteva essere titolare nemmeno nell'Inter. Si vorrà divagare nel gioco delle parti che parla di tattica o di necessità. Un Portogallo contro la sua anima: storicamente sempre in difficoltà a segnar gol nel periodo a.cr. (avanti Cristiano Ronaldo) poi, rinfrancato dal goleador, ha mantenuto la tradizione del giocare con sapienza, piedi buoni e proliferare di idee. Ma dopo la vittoria europea qualcosa è cambiato. Qui vale una sola tattica: rilancio del portiere e palla a Cristiano Ronaldo, come nell'Inter dei tempi dell'altro Ronaldo. Cristiano ha risolto i problemi dopo 4 minuti, rischiando la bella faccia per incrociare un pallone di testa e freddare il portiere. Poi ha gestito la squadra da condottiero, provato a replicare affidandosi al caso più che a idee prodotte per lui. Così facendo, difficile pensare di arrivare in fondo. Il Portogallo ha umiliato il suo gioco e il campione. Ronaldo ha subito qualche colpo e provato sei tiri, mentre i Leoni dell'Atlante gli ballavano intorno e Benatia continuava a prender rischi con qualche fallo stile debacle Juve.
CR7 ha lasciato il segno con il quarto gol della serie russa, numero 85 fra i cannonieri di tutte le nazionali: ha preso il largo dal grande Ferenc Puskas (84). E per quanto l'Io contro tutti sia finito ancora in gloria, pareva di rivedere Lebron James che si è battuto come un leone per portare i Cavalieri di Cleveland alla finale del basket Nba.
Il campione ti trascina al limite delle forze e dell'abilità (vedi contro i Celtics). Ma all'ultimo atto (contro Boston, squadra di alto contenuto) anche Lebron ha dovuto abbassar la testa: uno, da solo, contro una squadra qualche volta può farcela. Ma vinci le battaglie, non le guerre.
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