È stato l'ultimo italiano a vincere sulla 3Tre di Madonna di Campiglio. Era il dicembre 2005 e Giorgio Rocca arrivò, come un fulmine, dopo un digiuno di 10 anni dall'era di Alberto Tomba. Da allora, con 11 vittorie, una coppa di specialità e 3 medaglie mondiali, è il maestro dello slalom: il 7 gennaio i suoi epigoni proveranno ad aggiornare quel record azzurro sul canalone Miramonti.
Chi ci riuscirà?
"Spero Alex Vinatzer che ha ritrovato il guizzo: fa delle manche con recuperi pazzeschi. Però, ne servono due. Bisogna allenare anche tattica e regolarità. Sono felice per il ritorno di Tommaso Sala. In alternativa credo che oggi il miglior slalom sia nelle gambe dei norvegesi".
Ai Giochi farà il tedoforo?
"Si, a Livigno il 30 gennaio e poi avrò un ruolo anche alla cerimonia di apertura collegato con San Siro, sempre da casa mia".
Una bella occasione per il Piccolo Tibet
"Gli amministratori locali hanno creato il clima giusto: tutti hanno fatto investimenti. Questa è l'eredità più importante e avremo anche le gare più spettacolari, con snowboard e freestyle".
In febbraio cade anche l'anniversario di quella gara a Torino 2006
"L'ho riguardata spesso ora che si parla di Giochi. La mia vita e pure il conto in banca sarebbero cambiati con una medaglia olimpica, ma non mi rimprovero nulla: sono andato a canna in un punto che sapevo delicato. Rimorso? Forse, ma non il rimpianto di non averci provato".
Le emozioni restano
"Assolutamente: ho avuto l'onore di leggere il giuramento dell'atleta alla cerimonia di apertura. Il regista mi disse: Se in gara puoi sbagliare (), qui no. Voce alta, come a militare!. È tuttora uno dei ricordi più intensi della mia carriera".
Un infortunio la bloccò poche settimane prima di Vancouver 2010: la sua carriera finì così.
"E mi trovai a commentare l'oro di Giuliano Razzoli in telecronaca!".
A proposito di recuperi lampo: Brignone può farcela?
"È fenomenale. Ora deve capire se vuole tornare per finire la carriera con una gara o se quella gara la vuole anche vincere. Nulla può scalfire quello che ha già fatto e vinto: quindi meglio essere chiara con se stessa ed accettare anche un'eventuale delusione, perché la sua è una corsa contro il tempo".
Come sarà, invece, la pista maschile, la Stelvio di Bormio a febbraio?
"Rispetto alla classica gara di dicembre, ci sarà più luce e forse neve più morbida. Si possono appianare un po' i livelli, ma resta un super tracciato. Negli ultimi 30 si sopravvive ad una fatica immane con ancora 5 curve da tirare".
Oggi è imprenditore: che cosa le piace di più e di meno del suo lavoro?
"Meno gli aspetti burocratici. Mi piace, invece, creare un servizio su misura. La Academy conta su 250 professionisti e 6 sedi, presto ne arriva un'altra. Oltre al nostro piatto forte con eventi di formazione aziendale e incentive, stiamo sviluppando anche l'offerta di conciergerie per famiglie".
Lei allena molti giovani: perché tanti mollano lo sport?
"Ci sono molte ragioni e l'età critica è intorno ai 15 anni. I ragazzi si sono già bruciati con troppe gare e un approccio troppo competitivo da giovanissimi, quindi sviluppano altri interessi. I genitori, dopo aver molto speso, non vogliono far loro rinunciare a liceo e laurea".
Sofia Goggia sta per laurearsi ed è campionessa olimpica: eppure la scuola rimane nemica dell'agonismo?
"Ora lo è meno, grazie ai programmi dual career che permettono, già dalle superiori, nel caso dello sci, di allenarsi il venerdì senza che il ragazzo sia segnato assente".
Un altro problema sono le categorie giovanili e l'approdo in coppa del Mondo: il caso del team privato Colturi insegna.
"Servono risorse adeguate per lo sci alpino, in modo che i giovani talenti siano sostenuti fin da subito. In Italia la Fisi ha in capo 16 discipline e budget risicati. In Svizzera la Swiss ski ha una sezione dedicata all'alpino. Io dividerei la federazione in due e riconoscerei allo sci da discesa il ruolo effettivo di traino negli sport invernali, budget compresi".
Servono risorse anche per la sicurezza: dopo gli ultimi incidenti lei su cosa lavorerebbe? Tracciatura, materiali
"Bisogna rendere sicure le piste di allenamento, non lasciare soli gli allenatori che le devono bonificare ed allestire.
Inutile, invece, pensare di invertire il corso dello sviluppo materiali e della velocità. Semmai serve far capire agli atleti, ma anche ai nostri figli, che lo sci è bellissimo, ma richiede concentrazione. Quindi, per esempio, via il telefonino. Se si scia, si pensa solo a quello".