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Spalletti, il calcio arabo tra scivolata e scivolone

Spalletti, il calcio arabo tra scivolata e scivolone

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Spalletti, il calcio arabo tra scivolata e scivolone

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Il Paese dei cuori teneri si abbevera alle parole di Luciano Spalletti, che solitamente non sembra propenso alla ruffianeria. Oggi è il ct di una nazionale che pare tornata a piacere, sul vincere ce ne sarà di strada, ed ha raccontato qualche briciola di storia personale dopo il divorzio dal Napoli. Innanzitutto il gran rifiuto ad offerte di altri campionati e soprattutto degli Emirati Arabi. «Sarei stato remunerato molto bene, ma non era il calcio che mi piaceva. Poi è venuta la chiamata della nazionale e i miei sogni si sono avverati».

Nulla da eccepire, salvo capire. Per esempio, cosa vuol dire «un calcio che non mi piaceva». Il calcio è calcio e tutti sanno che negli Emirati non è gran calcio, salvo portare giocatori di fama come sta accadendo. Voleva forse, il ct, far intendere che Mancini ha scelto i danari abbondanti e lui il pallone dei sogni? Probabile ma non certo. Dunque Mancini opportunista ingordo e Spalletti inguaribile romantico? Sarebbe un discorso un po' fesso e il nostro ha cervello fino. Certo è che da questa battuta Mancio ne esce male e lui si godrà gli applausi... fino alla prossima sconfitta.

Ma, in tutto ciò, c'è pure una questione di attenzione venuta a mancare: l'appunto sul calcio dei Paesi Arabi può scivolare oltre un innocente discorso calcistico. E il ct della nazionale ha il dovere di stare attento alle parole in libertà. Che poi sia bravo ad allenare, pensare e filosofare, è dato di fatto. Ma ogni tanto meglio fermarsi. Senza dimenticare che, ancor prima dei saluti di Mancini, un mondo lo vedeva futuro ct.

C'è voluto poco perché augurio e certezza da intenditori andassero a buon fine.

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