Adesso la copertina è tutta per la P2, Paquetà-Piatek. Ma se i colpi di gennaio hanno cambiato marcia al Milan è perché il Diavolo aveva già un senso. I nuovi sono entrati in un progetto che non era più un'idea, ma una squadra. Il lavoro di Gennaro Gattuso si può toccare con mano, dopo aver saputo galleggiare nella tempesta delle voci su Conte, che lo hanno accompagnato in estate, e nelle difficoltà di una squadra decimata da infortuni e dal caso Higuain.
In pochi erano pronti a scommetterci, ma era impresa alla portata di chi ha fatto la gavetta nella tumultuosa Grecia, alla corte di Zamparini e soprattutto al Pisa sull'orlo del fallimento. «Sono abituato alle pressioni, anche da giocatore quando sbagliavo mi dicevano che avevo i piedi di legno e si chiedevano come potessi giocare nel Milan...», la filosofia di Gattuso.
E così non si è arreso a un cambio di proprietà che avrebbe fatto barcollare chiunque, soprattutto uno che era esplicita espressione della precedente gestione. Gattuso ha messo in equilibrio il rapporto con Leonardo, anche se non sono mancate le frecciate, e poi ha pensato solo al campo. Un anno e pochi mesi dopo il suo arrivo, si può dire che in questo inizio di 2019 si è manifestato il suo Milan: un solo gol subito in quattro partite. La difesa, un marchio di fabbrica di Gattuso capace di retrocedere dalla serie B alla C con il Pisa con la seconda retroguardia del torneo!
La gestione di Donnarumma è stata un capolavoro: anche lui in estate con l'arrivo di Reina poteva avere le valigie in mano. Gattuso l'ha difeso e pungolato e adesso il Milan ha di nuovo il suo portiere da cento milioni. E che dire dei giovani. Nel Rino-pensiero i giovani non si devono montare la testa. Ecco spiegata la crescita continua di Davide Calabria al quale l'allenatore ancora domenica consigliava «di pensare solo a lavorare». Il recupero di Andrea Conti va proprio in quella direzione. E poi le difficoltà. Perso il centrocampo (Bonaventura-Biglia), Gattuso ha insistito su Bakayoko, nonostante le bocciature: ora l'ex Chlesea è pedina insostituibile. L'emergenza difesa l'ha risolta con la mossa di Abate centrale. Senza dimenticare Zapata e soprattutto Musacchio, finito nel dimenticatoio e recuperato alla causa con pazienza. Presto si potrebbe aggiungere quel Calhanoglu, sul quale il tecnico non arretra di un metro davanti ai fischi e a ipotesi di cessione. Certo gli addii di Bonucci e soprattutto Higuain, potrebbero apparire come sue sconfitte. In realtà sono imputabili ai giocatori stessi. Si diceva che il Milan non riuscisse a servire il Pipita, ma il pistolero Piatek ha detto che non era proprio così. Sul Montolivo messo ai margini il giudizio è sospeso.
Comunque è stato un lavoro a trecentosessanta gradi: tecnica, tattica, testa e senso di appartenenza.
Ma non è finita: «Ora dobbiamo volare basso, mi piacerebbe sentire dalla squadra in queste 15 partite la parola noi e non io». Ogni riferimento è puramente casuale, ma in tanti hanno pensato a Suso. Uno dei pochi che non manifesta i benefici della «cura» Gattuso.
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