I due tormentoni dell'estate (Totti che fai? Donnarumma dove vai?) hanno separato l'Italia del credo calcistico, ma potrebbero averci ricondotti ad una verità del pallone romantico, che poi è quello che sogniamo sempre. Nonostante il business che incombe, propone e dispone. Che dirci, cosa raccontarci infine? Siamo stati, per mesi, a chiederci se fosse giusto, oppure no, che Totti lasciasse il calcio. L'Italia si è divisa in due, perfino i romanisti hanno vacillato su opposte schiere. Il vecchio indomabile campione, avvolto nel manto del suo fantastico talento che voleva correre ancora dietro al pallone, vestire la stessa maglia, soprattutto continuare a mostrar di sé su un palcoscenico importante, perché sennò sarebbe bastato andare a San Marino dove giocano i preliminari di Champions con Adrian Ricchiuti (anni 39) e Damiano Tommasi (anni 43). Ma il tempo non concede tempo, quando suona la campana, se non a rischio di brutte figure.
Poi ci siamo imbarcati nella saga (magari fosse una sagra) dei Donnarumma. Quel ragazzone, così amato dalla gente, che ci ha brutalmente rispediti nel tempo moderno. Non contano la maglia, la magia di una storia, il tifo del bambino: contano i danari. Anche se, a 18 anni, avresti tutto il tempo per guadagnare milionate e mettere al sicuro le prossime cinque generazioni della famiglia. C'è voluto il disprezzo del tifoso italiano, non solo milanista, per fare tornare all'origine delle storie sia la famiglia sia il ragazzo che, poi, ha voluto dimostrare di non essere davvero maturo, quando ha preferito smaccatamente volare a Ibiza, con fidanzata, incurante di un esame che per la stragrande parte degli italiani assume un punto di arrivo e di nuova partenza.
E qui le storie ci hanno ricondotti alla sintesi. Scriveva Baltasar Gracian, prete gesuita del 1600, scrittore e filosofo non particolarmente ottimista, ma con puntale ottica sulla vita umana: I saggi muoiono, ma gli stupidi schiattano. Non vorremmo ritrovare il concetto quando si dovrà riparlare di questo Gigio-portiere che fa tanto Topo Gigio, ma non è così piacevole come il topo di grandi e bambini. Totti è stato saggio e per il grande calcio resterà un bel ricordo. Donnarumma proverà a riunificare quell'Italia che si è schierata, ma difficilmente farà dimenticare quell'accartocciare i sentimenti dei tifosi.
E chissà mai che il ragazzone non abbia fatto un bel favore al vecchio poeta romanista. Come non ripensare all'addio di popolo così struggente, come non apprezzare un personaggio che, al di là dei danari che avrebbe ancora guadagnato, aveva nella testa la voglia di un ragazzino. Certo, la presunzione del non decadere mai serpeggiava nelle pieghe dei suoi no all'addio. Ma oggi, anche chi gli era contrario, può rivedere la storia in una luce diversa.
Totti, ragazzo antico, ci ha riportato al calcio che vorremmo e Donnarumma, giovane ambizioso e arrapato dal danaro, ci ha riportato al calcio senza anima.Totti ci ha detto che quando si è giovani davvero, lo si è per tutta la vita. Donnarumma forse è giovane, certo è immaturo. O magari un miliardario invecchiato molto presto.
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