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Il record al contrario di Martin Palermo: quei tre rigori falliti in un solo match

Nel 1999, in Copa America, il centravanti argentino fallì tre volte dal dischetto contro la Colombia

Martin Palermo si dispera dopo uno dei rigori falliti
Martin Palermo si dispera dopo uno dei rigori falliti

Avete presente The Truman Show? Nel film un giovane Jim Carrey si rende conto, a dire il vero con poco acume e disinvoltura, che la sua esistenza scorre placida e assolutamente identica giorno dopo giorno. Le stesse azioni. Le stesse persone. Le stesse cose. I sentimenti addomesticati. Ecco. Quello che va in scena il 4 luglio del 1999 all’Estadio Feliciano Cacéres di Luque, ventre pulsante del Paraguay, non è un film. Non è nemmeno un reality. Eppure ci assomiglia maledettamente.

Il personaggio del resto buca lo schermo. Tarchiato, capigliatura sovente ossigenata, sguardo truce, d’acciaio. Gioca centravanti per l’Argentina che cerca, come sempre, di scrollarsi dalle spalle quella detestabile aurea di sfiga: spesso favorita, scarsa attitudine al sollevamento coppe. Roba che contorce lo stomaco. Martin Palermo, perché è lui che regge il copione tra le dita, è all’apice del suo successo. Dalla Pampa alla Patagonia la musichetta non cambia ritmo: è l’eroe nazionale al cui lungo mantello appigliarsi.

Venuto al mondo a La Plata nel 1973, sangue siculo a ispezionare le vene, cresce nell’Estudiantes per poi fare il grande salto a ventiquattro anni. La nuova vita è una casa tappezzata di carta da parati gialloblu che ribolle calcio come antidoto alle iatture quotidiane. Al Boca Juniors farà 91 gol in 104 presenze. Abbastanza per varare un nuovo filone di iconoclastia al contrario alla Bombonera: sì, tutti lo venerano.

Eppure quella partita contro la Colombia - che arriva dopo aver surclassato l’Ecuador (e Palermo ha anche segnato) - pare uno show che si potrebbe riproporre nella sua sfinente identicità all’infinito, se l’arbitro ad un certo punto non decidesse che basta. In panca Bielsa osserva la scena trasecolato. Zanetti, Simeone, El Burrito Ortega e tutti gli altri non ci si raccapezzano. Mano di Viveros: rigore per l’Argentina. Lui, sfrontato, si prepara in un amen. Botta centrale ma alta, che scheggia la traversa. Delusione che si insinua crepando certezze stratificate, ma ci sta.

Solo che Palermo deve avere in macchina una cassetta di De Gregori. Probabilmente la pompa a tutto volume nelle casse che vibrano fino ad infrangersi. Se socchiudete le palpebre lo potete vedere nitidamente: la manovella del finestrino abbassata, un’assolata autostrada argentina e lui che intona il ritornello: “Nino non aver paura di sbagliare un calcio di rigore”. Integralista del testo, prende tutto alla lettera.

Altro rigore, stavolta dall’altra parte. Cordoba non lo emula, Cafeteros davanti. Lotta l’Albiceleste. Il terreno è quello prediletto da Martin: estro e durezza. Altra mano dello sciagurato Viveros. Altro penalty. Va sempre Palermo. Altra botta centrale, stavolta direttamente in orbita. Il pallone devono recuperarlo nel parcheggio.

La Colombia intanto raddoppia. Il flagello calcistico, ghignante, incombe. Terzo gol degli avversari. La débâcle sarebbe già difficile da deglutire, ma non basta. Ennesima mischia furente, ennesimo rigore. Martin prende il pallone sotto braccio, mentre un compagno cerca di dissuaderlo: “Che fai, loco? Fallo calciare ad un altro”. Nulla. Lui non ha paura. Stavolta la angola leggermente, ma Miguel Calero respinge. Mani sui fianchi e testa bassa, ma solo per qualche istante. Come in un loop interminabile. Un copione che si ripete sempre uguale.

Se ce ne fosse stato un quarto, avrei tirato anche quello”, il manifesto del suo pensiero a fine match. Una linea sottile che sfuma tra la sfrontatezza e l’incoscienza. Un record negativo assoluto. Ci sono cose che nascono storte e l’unica cosa che puoi fare è accettarlo. Martin Palermo quella notte avrebbe anche potuto calciare cento rigori.

Di sicuro li avrebbe sbagliati tutti.

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