Un destro di Sneijder (ex Inter) a due minuti dallo scadere e un altro di Huntelaar (ex Milan) dal dischetto nel recupero. Adesso il Messico è la faccia triste dell'America, l'Olanda un'altra europea che se la cava.
S'era messa male e onestamente nessuno poteva eccepire sul punteggio a due minuti dalla fine, il gol di Dos Santos al terzo della ripresa a fare la differenza fra chi andava a Salvador de Bahia a giocarsi un quarto e chi invece riabbracciava i suoi cari a casa. Robben tradito da Van Persie e Sneijder ha continuato a dannarsi e a correre come un alieno sotto un caldo torrido, a un certo punto sembrava solo un disperato pronto al suicidio pur di non uscire sconfitto dal campo. Temperamento straordinario, dietro quelli del Messico se lo sono passati a giro, chi riusciva a prenderlo e fermarlo vinceva un premio, lui era la parte meccanica dell'arancia.
In battuta Marquez e soci hanno subito mostrato i tacchetti, a Van Persie e Robben non li lasciavano partire, subito addosso prima che prendessero velocità, da Sneijder sostegno zero, Kuyt largo a sinistra e molto basso, così il Messico ha preso aria dalle difficoltà olandesi. È cresciuto lentamente, ha preso ogni zona del campo e davanti Dos Santos e Peralta si muovevano a velocità doppia rispetto ai giganteschi e impacciati centrali di Van Gaal. A complicare la situazione l'infortunio di de Jong dopo pochi minuti, uno dei pochi a garantire protezione e rendimento alto in quel mazzo di aspiranti. Il più esperto, il ventinovenne Vlaar centrale nell'Aston Villa, grezzo e pesante sempre in ritardo sul portatore di palla messicano. Maggior possesso arancione, miglior calcio messicano, dal quarto d'ora l'Olanda ha iniziato a soffrire e non ha più smesso, Herrera imprendibile ma soprattutto quel Cillessen che fra i pali non dava mai sicurezza e il subentrato a De Jong, il ventitreenne Bruno Martins, che ha impiegato un'ora e mezza prima di entrare in sintonia con il resto della squadra. Entrate sempre da giallo e fuori tempo, palla da tutt'altra parte, al 18' sbaglia a calcolare la traiettoria, Peralta alle sue spalle stoppa e serve Herrera che calcia bene, basso e teso, palla che se è uscita di un centimetro si esagera. I messicani hanno capito l'antifona e hanno iniziato a provarci anche da lontano, nel finale di tempo Cillessen ha respinto di gamba un sinistro di Dos Santos dopo azione sontuosa che ha fatto girare la testa alla difesa di Van Gaal. Uno squillo di Robben nel recupero ha fatto riprendere colore all'arancia olandese con un episodio che Proença ha giudicato in modo poco convincente, in piena area, due calcioni in successione, uno di Marquez e l'altro di Hector Moreno, senza interessarsi minimamente della palla e tutto in area, fianco sinistro di Ochoa fino a quel momento assolutamente inoperoso.
Ora, di tutte le lodi a Van Gaal, al suo girone full, a una squadra oltre il proprio limite, tutti quei giovani, Robben l'alieno eccetera eccetera, cosa era rimasto? Il simbolo di una giornata da cancellare era lo spirito libero di Robin Van Persie, neppure un fallo subito, neppure un tiro in porta. E Wesley Sneijder dopo l'ennesimo errore prendeva a calci l'aria per scaricare la sua stizza: ha sbagliato il primo pallone, poi il primo controllo, il primo lancio e la prima punizione. Abbastanza per tentare di farla finita col calcio. Metteva compassione Kuyt, mai domo, ma lontano dal giocatore che poteva ribaltare l'inerzia negativa di una squadra.
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