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Vendere per comprare, il Diavolo è incatenato. E ora la grana Paquetà

Non arrivano le offerte. Intanto il brasiliano è un caso: dal malore alla richiesta di non convocazione

Vendere per comprare, il Diavolo è incatenato. E ora la grana Paquetà

In Brasile è classificata come ansia da mancata cessione, a Napoli lo avrebbero chiamato ammutinamento. Il fatto del giorno, in casa Milan, più che la preparazione del viaggio a Brescia, evento non secondario, è il caso Paquetà. Il quale, dopo il misterioso malore di domenica (in panchina, inquadrato dalle telecamere, sembrava emotivamente coinvolto; alla fine si è allenato con gli altri esclusi, poi ha detto di accusare una tachicardia che i controlli successivi alla clinica Madonnina non hanno confermato, escludendo anzi qualsiasi problema di salute), ieri a fine allenamento ha chiesto a Pioli di essere escluso dalle convocazioni. «Non sono sereno» ha spiegato in sintesi. E il tecnico, senza alcuna obiezione, ha depennato dall'elenco il brasiliano arrivato nel gennaio 2019 come «il nuovo Kakà», scelto da Leonardo che fece investire a Elliott nell'operazione una cifra sui 50 milioni, tra cartellino e commissioni agli agenti.

Non è l'unico Paquetà a patire la nuova condizione di precario, o se preferite panchinaro. Perché il Milan del dopo Ibra è un po' incatenato dal mercato: gli eventuali rossoneri non più titolari, Piatek e Suso con il brasiliano, hanno manifestato identico mal di pancia senza però giungere all'ammutinamento. «Suso si sta allenando benissimo» è l'informazione ufficiale. A pochi giorni dalla chiusura del mercato, il Milan è costretto a fare da incudine. Nessuna richiesta ufficiale è giunta sul tavolo di Boban e Maldini anche se non è un segreto che proprio a Parigi, Leonardo, amico dell'agente di Paquetà, è sempre convinto delle sue qualità e potrebbe presentare un'offerta nei prossimi giorni. Che, per Elliott, non può essere inferiore all'attuale valutazione iscritta a bilancio per evitare di compiere una minus valenza.

Per fortuna di Pioli, che al brasiliano ha dedicato, qualche ora prima, una frase chirurgica («deve diventare più incisivo») ricalcando il giudizio di Giampaolo («faccia meno il brasiliano»), dalle parti di Milanello c'è adesso Ibra. Suo il post pubblicato ieri con una sola parola, «pronto», che vuol dire tutto in queste ore delicate. E forse non c'è neanche bisogno, con lo svedese a sorvegliare la tensione collettiva, di tenere appesa ai muri la classifica attuale. «Resterà spiega Pioli - fino al 24 maggio», giorno di chiusura del torneo, in coincidenza con la famosa giornata dedicata al Piave e ai gloriosi fanti. Ancora più esplicito il tecnico è sul dopo Udinese, partita risolta dai miracoli di Donnarumma e dalle prodezze balistiche di Rebic, di ritorno in panchina perché poco adatto a giocare nel 4-4-2 se non come punta autentica. «Non pettiniamo le bambole» è l'espressione di Pioli destinata a finire in qualche titolo e che vuol dire che hanno gli occhi aperti per capire quel che non funziona ancora nonostante i giudizi al miele suscitati dal ribaltone dell'ultimo secondo.

Al netto dell'assenza di Balotelli, Brescia non è una passeggiata di salute per questo Milan che fa ricorso al recupero di Musacchio e Calhanoglu per offrire un assetto più solido allo schieramento.

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