Tiger Woods domani compie cinquant'anni. E per raccontare il più grande golfista di tutti i tempi, chi meglio dell'unico italiano e primo europeo ad averlo battuto: Costantino Rocca. Bergamasco, sessantanovenne, Rocca è una delle figure più influenti del nostro golf ed è stato il primo azzurro a far parte della Ryder Cup. Ha condiviso molti momenti con il campione americano, oltre a sconfiggerlo nella storica sfida di Ryder a Valderrama, nel 1997. Oggi supervisore della Federgolf, ci racconta il suo incontro con Woods e cosa lo rende il "più grande di sempre".
Rocca, quando ha incontrato Tiger Woods l'ultima volta?
"Nel 2010, durante la Ryder Cup in Galles. Si fermò, scese dal cart e mi salutò. Questo gesto mi è rimasto nel cuore".
Lo considera il più grande di tutti?
"Assolutamente sì. Non solo per i suoi successi, ma per come colpisce la palla. Quando l'ho visto per la prima volta a metà anni '90, aveva una potenza incredibile e un gioco corto straordinario. A quel tempo gli dissi che, se avesse imparato a controllare la sua potenza, sarebbe diventato imbattibile".
Le ha mai chiesto consigli durante i giri insieme?
"No, non l'ha mai fatto anche se io avevo 40 anni e lui 21. Era molto intelligente e osservava. Ricordo che durante un British Open giocammo insieme nel giro di prova e cambiò approccio: passò dal driver al ferro 4, e da lì imparò come doveva giocare".
Era già una superstar all'epoca?
"Nel 1997 aveva già vinto tre US Amateur, quindi sì, era molto seguito. Il fatto che fosse un atleta di colore attirava l'attenzione, ma soprattutto era un fenomeno sul campo".
Nel 1997, alla fine del terzo giro del Masters di Augusta, lei era secondo dietro Tiger.
"Giocammo insieme nell'ultimo giro. Quella domenica Tiger, a 21 anni, divenne il più giovane vincitore nella storia del Masters e indossò la giacca verde".
Com'era gestire la pressione al Masters?
"Tiger non si lasciava distrarre, faceva il suo gioco e gli altri lo rispettavano ancora di più".
Sempre nel '97, lei sfidò Tiger in Ryder Cup e lo batté. È stata la sua vittoria più bella?
"Forse sì. Contro Tiger cercai di fare il mio gioco. Lui tirava più lontano, ma io avevo un vantaggio: tiravo sempre il secondo colpo per primo, mettendolo sotto pressione".
In che cosa faceva la differenza Woods?
"Non aveva punti deboli. Col tempo ha imparato a calibrare la sua potenza e a controllare la distanza dei suoi colpi".
La carriera di Woods è stata segnata da gravi infortuni.
"Ha dato sempre il massimo. Nel 2019 trionfò al Masters dopo 2 anni di stop e quattro operazioni alla schiena. Solo pochi mesi prima molti lo avevano dato per finito".
Woods ha vinto 15 Major. Raggiungerà Jack Nicklaus con i suoi 18 Major?
"Se riesce a rimettersi in forma, potrebbe vincere ancora qualche Major, ma non credo tornerà ai livelli di quando aveva 30 anni. A 50 anni, le sensazioni cambiano. Forse può arrivarci con i tornei Senior".
Tiger il predestinato ha fatto parlare di sé anche per una tossicodipendenza legata ai farmaci e le numerose relazioni extraconiugali.
"Quando sei numero uno in America, e Tiger lo è stato per circa dieci anni, non puoi andare in giro liberamente. Era difficile per lui vivere la sua vita. Ma in campo, pur sotto gli occhi di tutti, si fermava sempre a firmare gli autografi".
Oggi Tiger allena il figlio Charlie, che sembra promettere bene.
Come si gestisce la pressione su un giovane che cresce all'ombra di un gigante come Tiger?"Non è facile per un ragazzo di 16 anni sopportare quella pressione. Pochi figli di grandi campioni riescono. Il figlio di Tiger deve concentrarsi sul suo gioco, senza cercare di emulare il padre".