Domandina facile facile: se in un intero anno solo una trentina di titoli quotati chiude con un segno positivo, di cui solo cinque della scuderia blue chip (Lottomatica, Impregilo, Pirelli, Campari ed Enel Green Power), quale sarà il bilancio di Piazza Affari? Negativo? Di più: sarà un rendiconto da annus horribilis, quello 2011 per intenderci, con le lancette della Borsa riportate indietro al marzo 2009 e dunque rimaste appena un soffio al di sopra dei 15mila punti. Colpa di una perdita secca del 25% degli indici e dei 100 miliardi di euro di capitalizzazione prosciugata (una somma pari al valore complessivo di Eni, Enel e Fiat), tra titoli collassati anche di oltre l80% (otto in tutto, di cui tre del gruppo Premafin-Fondiaria) e il tiro al bersaglio sulle banche, risucchiate nel vortice del ribasso dalla crisi del debito sovrano, dalla febbre da spread, dagli stress test e dalle ricapitalizzazioni.
Poteva andare peggio? Certo che sì: il virus dei mutui sub prime aveva causato nel 2008 al listino ferite pari al 50%. Poteva, però, anche andare molto meglio. Dopo un primo semestre più o meno tranquillo, con i mercati turbati ma non sconvolti dalle agitazioni rivoluzionarie nel mondo arabo, da agosto la Borsa ha fatto quasi quotidianamente i conti il segno del ribasso. Dapprima la crisi dei debiti sovrani, con i continui timori di bancarotta della Grecia che si sono via via allargati fino a creare lincubo di un gigantesco effetto domino che rischiava di spazzare via anche Spagna, Irlanda, Portogallo.
Linerzia spesso colpevole dimostrata dai Paesi di Eurolandia nellaffrontare con spirito coeso la tempesta perfetta, ha quindi finito per allargare tra gli investitori il solco della sfiducia. In aggiunta, la pantomima estiva del Congresso Usa sul rinnovo del tetto del debito ha spianato la strada al taglio della tripla A da parte di Standard&Poors, creando ulteriore instabilità. Infine, la successiva esplosione dei differenziali di rendimento tra Italia e Germania a partire da agosto (un fenomeno che poi si è esteso anche a Francia e Spagna), ha dato alle Borse la botta finale. E così, perdite a due cifre anche per Francoforte (-14,7%), Parigi (-16,95%), Bruxelles (-19%), Amsterdam (-12%) e Madrid (-14%). Londra e Wall Street hanno invece retto londa (+5%).
La minaccia di implosione delleuro non poteva essere ignorata, e lultimo vertice Ue - deludente nelle misure anti-crisi adottate - ha ancora più preoccupato i mercati. Nè la maxi-iniezione di liquidità (500 miliardi) canalizzata dalla Bce verso le banche ha cambiato la storia borsistica di questanno dei titoli del credito. A conti fatti, i bancari sono risultati tra i più sofferenti: secondo i dati di Borsa Italiana, Intesa Sanpaolo ha perso il 32%, Unicredit e Banco Popolare il 59%, Ubi Banca il 48%, Bper il 41%. Le peggiori sono state Mps (-65%) e Bpm (-64%).
Ma scorrendo il listino, i crolli abbondano. La palma del peggiore va alle risparmio Fonsai che perdono l86% sostanzialmente a pari merito con le azioni Neurosoft e Cogeme Set. Vengono poi le ordinarie Fonsai (-83%), Arkimedica (-82%) e Premafin (-81%). Malissimo anche Finmeccanica (-66,3%). In fondo, lasciamo il dolce (poco) rimasto al termine di un anno da incubo. Sono infatti solo 28 i titoli in rialzo.
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