La squadra gioca in casa, il vicino protesta

All’appuntamento arrivano puntuali. «Il pallone l’hai portato?». «Sì». E allora svelti a fare le porte, la prima va dalla credenza al mobiletto appena spostato, per l’altra c’è lo sgabuzzino. Cinque contro cinque, come ogni partita di calcetto che si rispetti. E poco importa se si gioca in casa, nel vero senso del termine. Le squadre di affrontano in salotto, «ma fate piano che è passata mezzanotte e quelli del piano di sotto già si sono lamentanti». Inutile.
Quella che si gioca in un caseggiato della Spezia è una partita particolare. Il campo, come detto, è in legno, quello del pavimento del salotto. Bisogna fare piano, per questo i dieci amici si sono tolti le scarpe. Fila tutto liscio, le urla vengono soffocate in gola. Non si sputa nemmeno per terra, come si è abituati a fare nella partitella del sabato pomeriggio al campetto, siamo in casa. All’una, però, succede il patatrac: cross dal lato televisione, il portiere a difesa dello sgabuzzino non trattiene e il bomber di turno, in scivolata, insacca correndo verso la credenza con il servizio buono e urlando: «Goool!».
Per il «pubblico» al piano di sotto è troppo. Nando si alza dal letto. «Adesso chiamo la polizia» dice alla moglie che si sta sfilando i tappi di cerca dalle orecchie. Lui le fasi della partita le ha seguite tutte: preparazione del campo con spostamento dei mobili, riscaldamento e poi partita con i rimbombi del pallone e infine l’urlo liberatorio dopo il gol. «È troppo, troppo». Alza la cornetta e dice: «Parlo con il 113? Venite per favore, quelli al piano di sopra stanno giocando a pallone in casa, è l’una di notte e questi non smettono. Ho già protestato un sacco di volte, per favore venite voi a dirglielo, altrimenti non rispondo di quello che faccio».
Quella che pochi minuti dopo si ferma sotto il palazzo non è una troupe per le interviste dei calciatori ma una volante della polizia. «Aprite, ci hanno detto che state giocando a pallone, è l’1 e 20 del mattino. Non vi vergognate?»
Quando la porta dell’appartamento si apre i mobili sono in ordine. La finestra, aperta, ha fatto entrare un’arietta fresca che non lascia pensare a una sfida fra i dieci ragazzoni in piedi davanti agli agenti. «Non stavamo giocando» prova a giustificarsi il padrone di casa, 35 anni, autore del gol vittoria. «Fuori il pallone!» ordina il poliziotto. Ma il pallone è sparito.

«La prossima volta ci seguite in questura» taglia corto il secondo l’agente. E si chiude la porta alle spalle. La palla, rinviata dal portiere, è volata giù, sul terrazzo del vicino arrabbiato. «Che ne dici, Zac, se la prossima volta gli chiediamo di giocare?».

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