«Squillante va assolto, sconto a Previti»

Stefano Zurlo

da Milano

Assolvete Squillante. Una mossa a sorpresa: è quella con cui il sostituto procuratore generale della Cassazione chiede l’annullamento senza rinvio della condanna a cinque anni per l’ex capo dei gip di Roma. «Questo processo - insiste Iacoviello - per quel che riguarda Renato Squillante è alla ricerca di un capo d’imputazione». Che, a sentire lui, non sta in piedi. Per questo Iacoviello propone di cancellare la pena e di concedere un piccolo sconto, grossomodo di un anno, agli altri imputati. È il colpo di scena che chiude la requisitoria del Pg; per il resto Iacoviello fotocopia la sentenza d’appello: suggerisce la conferma delle condanne per il capitolo Imi-Sir e ripropone le assoluzioni per la vicenda Lodo Mondadori, già smontata in appello.
«Sono molto soddisfatto - afferma Squillante - mi ha fatto molto piacere la requisitoria del pg perché, con dovizia di particolari, ha ripreso le argomentazioni che porto avanti da otto anni: è l’unico ufficio che ha dimostrato di condividerlo. Spero che lo stesso facciano i giudici della sesta sezione della Cassazione». «Ci auguriamo che la Suprema corte non segua Iacoviello sulla sua strada», replica l’avvocato di parte civile Elisabetta Rubini.
In realtà, la virata di Iacoviello apre solo una modesta crepa nell’impianto accusatorio costruito dal Pool di Milano a partire dal 1995. La storia dell’Imi-Sir è l’affresco di una presunta gigantesca corruzione: quella di alcuni giudici romani che al termine di un lunghissimo e rocambolesco procedimento diedero ragione a Nino Rovelli e condannarono l’Imi a risarcirlo con mille miliardi di lire per non aver salvato una sua società, la Sir. In appello erano stati inflitti 7 anni agli avvocati Cesare Previti e Attilio Pacifico, 6 al giudice Vittorio Metta che faceva parte del collegio della corte d’appello che nel 1990 aveva dato la vittoria ai Rovelli, 2 anni a Primarosa Battistella, vedova di Nino Rovelli, 3 al figlio Felice e cinque a Squillante. Ma Squillante era stato risucchiato nell’imbuto del dibattimento per un solo episodio, tutto sommato marginale ed evanescente: la presunta intermediazione fra Felice Rovelli e l’avvocato Francesco Berlinguer che a sua volta sarebbe intervenuto raccogliendo informazioni in Cassazione, peraltro senza successo, in una delle tante puntate di questa saga. Iacoviello toglie dal mosaico complessivo solo questo tassello: certo è molto per Squillante, stangato con cinque anni, ma è poco per Previti e gli altri imputati che vedrebbero solo limata all’ingiù la pena.
E ancora più difficile appare la posizione di Squillante nel processo gemello Sme-Ariosto in cui è chiamato in causa da un bonifico di 400mila dollari che gli vale la condanna, non ancora definitiva, a 7 anni come collettore di tangenti a libro paga della Fininvest. «Nel caso Imi-Sir - sottolinea l’avvocato Andrea Fares - il suo ruolo si riduce a quel presunto contatto con Rovelli e Berlinguer. Che non c’entra assolutamente nulla con le sue funzioni di magistrato». Per Iacoviello il processo è andato inutilmente alla ricerca di un capo d’imputazione. E allora il pg non ha dubbi: «In una situazione del genere occorre un atto di onestà.

Il mio ufficio ritiene che non ci sia delitto di corruzione». Peraltro ricompensata, secondo l’accusa, con una tangente davvero modesta: 133 milioni di lire, versati da Pacifico nel giugno 1991. La sentenza ai primi di maggio.

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