«Sta male», il Riesame concede gli arresti domiciliari a Grossi

MilanoÈ tornato a casa dopo tre mesi di carcere Giuseppe Grossi, l’imprenditore milanese arrestato nell’ambito dell’inchiesta sulla bonifica dell’area di Santa Giulia. A Grossi, gravemente malato di cuore, il giudice preliminare Fabrizio D’Arcangelo aveva rifiutato la scarcerazione nonostante che un perito nominato dallo stesso giudice avesse ritenuto le sue condizioni di salute totalmente incompatibili con lo stato di detenzione. È stato necessario che il legale dell’imprenditore, Salvatore Pino, si rivolgesse al tribunale del Riesame perché Grossi ottenesse gli arresti domiciliari. Ieri sera l’indagato ha potuto lasciare il reparto detentivo dell’ospedale San Paolo e raggiungere la sua casa di Inzago. Potrà parlare solo con i familiari, con l’avvocato e - ovviamente - con il medico di fiducia.
Grossi è accusato di associazione per delinquere finalizzata al falso in bilancio e alla corruzione, per avere - secondo la Procura - gonfiato a dismisura i costi delle bonifiche ambientali e creato così ingenti fondi neri da utilizzare per ingraziarsi la politica. In novembre il perito del tribunale aveva certificato una «cardiopatia dilatativa post-infartuale» e un «rischio di aritmie» tali da rendere - in aggiunta alla depressione da carcere - necessaria la scarcerazione di Grossi. Ma il giudice aveva disposto che Grossi restasse detenuto, ritenendo «l’impossibilità di considerare lo stress connaturale alla restrizione carceraria come una condizione patologica grave determinante l’incompatibilità». Era sufficiente, per il gip, che Grossi restasse in ospedale piantonato dagli agenti di custodia.
Ieri il tribunale del Riesame ha ribaltato la decisione del giudice: «Le esigenze di salute dell’indagato non possono ritenersi adeguatamente salvaguardate da un mero ricovero provvisorio. Inoltre le stesse condizioni di restrizione nel reparto dell’ospedale destinato al ricovero dei detenuti rappresentano un elemento di stress idoneo a incidere in modo peggiorativo sulle condizioni del prevenuto».

È vero che il carcere è deprimente per tutti: ma «in questo caso non è lo stato di stress in se stesso a essere causa di incompatibilità, ma l’incidenza di tale stato, indotto dalla restrizione carceraria, sulle gravi patologie cardiache del prevenuto».

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