Stadi riaperti alle donne Teheran rompe un tabù

Il presidente cancella i divieti dopo 27 anni. «La presenza femminile porta moralità»

da Teheran

Solo un presidente di destra può fare la pace. Solo un premier di sinistra può licenziare gli operai. Solo Mahmoud Ahmadinejad può riconquistare le donne iraniane. Per farlo il presidente pasdaran infrange il tabù e demolisce il divieto che da 27 anni impediva alle donne di mettere piede negli stadi. Cancellato in un battito di ciglia il ricordo di tutte le riforme sociali del mite predecessore Mohammad Khatami, il presidente si spinge ancora più in là e blocca poliziotti e miliziani già pronti a reimporre con carcere e minacce l'ortodossia dei costumi islamici.
Del resto il passato non è acqua. Il presidente è un reduce e sa che su due fronti non si combatte. Sfidare l'opinione pubblica interna e inasprire il malessere sociale mentre si sfida il mondo sarebbe un suicidio. E allora prima di rilanciare la sfida nucleare e reiterare gli attacchi a Israele il presidente, come ogni buon condottiero, rinserra le file, rincuora le truppe, riunifica il popolo. La riapertura degli stadi, simbolo della segregazione di migliaia di tifose, arriva con una lettera a Mohammad Alì Abadi, responsabile dell’organizzazione statale per lo sport. A scriverla e firmarla è, come nel suo migliore stile, lo stesso presidente. Dopo avere esplicitamente ordinato la cancellazione di un divieto proclamato dallo stesso imam Khomeini, il presidente fornisce anche le istruzioni per la realizzazione dell’editto.
«C’è bisogno - spiega - di una corretta pianificazione che rispetti la dignità e l’onore delle donne. Questo d'ora i migliori posti negli stadi verranno riservati a donne e famiglie». E a chi pensasse di scandalizzarsi il presidente ricorda che «contrariamente alla propaganda di alcuni la presenza massiccia di famiglie e di donne nei luoghi pubblici porta maggiore moralità».
Gli stadi nuovamente rosa verranno sicuramente ricordati come un colpo da maestro. Un colpo capace di obnubilare qualsiasi altra iniziativa sociale. Un'apertura capace di regalare un tocco di riformismo a un leader dipinto come il campione dell'integralismo islamico. Ma, a ben vedere il blocco delle operazioni «anti immoralità» - annunciate in pompa magna dal capo della polizia - è un'operazione ancora più elaborata e strategicamente articolata. Un presidente silenzioso permette per mesi a branchi di donne integraliste e alla loro metà maschile di bussare alle porte del parlamento invocando nuove e più severe leggi sull'abbigliamento. Un presidente indifferente ascolta in silenzio il capo della polizia di Teheran pronto a riportare la moralità nelle strade anche costo di riempire le galere. Ma il giorno prima del grande pogrom il presidente rompe il silenzio e manda tutti a casa.
«Le donne iraniane sono donne onorate - afferma Ahmadinejad alla televisione - non c'è necessità di condurre pratiche repressive per diffondere la cultura del velo. Voler risolvere i problemi culturali nel giro di una notte è assolutamente inimmaginabile.

Purtroppo - aggiunge - alcuni pensano che l’unica soluzione sia quella di agire fisicamente e costruire dei muri nelle strade per dividere le donne dagli uomini».
Sul fronte interno due a zero per il presidente e palla al centro.

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