Stampa e governo bloccano le immagini choc

Downing Street diffonde notizie col contagocce, ma nessuno protesta

Gian Battista Bozzo

nostro inviato a Londra

«Bastards», urla a tutta pagina il tabloid Daily Star. Ma sfogliando il popolare quotidiano londinese bisogna arrivare fino a pagina 13 per vedere la prima immagine davvero scioccante di una vittima degli attentati mentre, stesa sanguinante in una barella, viene rianimata col massaggio cardiaco da un paramedico. Nessuno fra i tabloid britannici, sempre in prima linea nell'offrire ai propri lettori foto talvolta impressionanti o più spesso piccanti, ha presentato stavolta l'orrore in prima pagina. Né hanno fatto eccezione, com'era prevedibile, i «quality papers» come il Times, l'Indipendent, il Daily Telegraph, il Financial Times. La strage ha riunito l'intera stampa britannica in un momento di dolore che non lascia spazio al sensazionalismo. Così come il Paese e la città di Londra, l'informazione ha risposto con compostezza alla sfida dei terroristi.
Il Times e il Daily Mail hanno indicato la data del 7.7 quasi per accomunare la strage di Londra a quella dell'11.9 alle torri gemelle di New York. Il Daily Telegraph annuncia che «Al Qaida porta il terrore nel cuore di Londra». Sulla prima pagina del Financial Times spicca il titolo «Blair condanna i terroristi islamici che hanno ucciso 37 persone nell'attacco a Londra». Le foto che campeggiano sotto i titoli sono due, in particolare: quella del bus doubledecker sventrato dall'esplosione, e quella della donna dal volto mascherato di bende e cerotti, che emerge dalla metropolitana di Edgware Road. Non c'è il sangue in prima pagina, i terroristi non meritano una simile soddisfazione.
Sbaglierebbe tuttavia chi volesse attribuire soltanto alla voglia di «schiena dritta» di fronte al terrorismo il comportamento della stampa e della televisione del Regno Unito. Girando per i luoghi delle esplosioni, dalla stazione di Edgware Road a Tavistok Square, da King's Cross a Liverpool Street, i cameramen delle televisioni britanniche hanno registrato scene spaventose che non sono mai andate in onda. I fotografi hanno scattato immagini di terrore, che non hanno trovato posto nelle pagine dei quotidiani. Si tratta di filmati e foto che non hanno raggiunti i circuiti internazionali, o che sono state scartate dai direttori e dagli altri responsabili dei giornali. Né sulla Bbc né su Sky, le principali reti del Paese, si sono viste immagini scioccanti. Anche le notizie sono state filtrate con estrema prudenza, nessun sensazionalismo sui numeri dei morti e dei feriti. La strategia della comunicazione è chiara: è sbagliato, controproducente, aggiungere orrore a orrore, panico a panico. Ci fu polemica, tempo fa in Inghilterra, per una procedura prudenziale decisa dalle autorità sulla gestione delle notizie e delle immagini legate a possibili attentati terroristici. Oggi che, con tutta evidenza, questa procedura sembra essere stata messa in atto, forse qualche paladino della libertà di stampa a tutti i costi può trovare materia di riflessione.
L'atteggiamento di giornali e televisione nei confronti del dramma vissuto giovedì nella capitale inglese è parallelo a quello dei cittadini. Chi ricorda l'immediata reazione collettiva dopo la strage della stazione di Atocha, la manifestazione di centinaia di migliaia di madrileni per le strade della capitale spagnola, può essere rimasto sorpreso di fronte alla reazione composta dei londinesi di fronte alle esplosioni, ai morti, ai feriti. Nessun corteo, nessuna manifestazione. «La gente è più forte di quanto si creda, le esperienze di anni nella lotta al terrorismo dell'Ira sono servite ad affrontare questa situazione», dicono gli esperti. «Vivere a Londra negli anni Settanta, quando le bombe andavano e venivano ha instillato nei londinesi una certa dose di abitudine. La popolazione era meglio preparata a una simile evenienza rispetto ai newyorchesi, dopo l'11 settembre», spiega il professor Kevin Gournay, dell'Istituto londinese di psichiatria. Sul Times, il commentatore Peter Riddell osserva che il terrorismo è una realtà che ha bisogno di una risposta forte, ma calma.

«E la reazione dei politici inglesi - osserva - è stata risoluta, ma più calma di quella degli americani dopo l'11 settembre».
Se la parola d'ordine è «non vogliamo essere intimiditi dal terrore», stampa, televisione e cittadini londinesi insieme hanno tenuto davvero il punto.

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