Politica

Stangata a Juventus Lazio e Fiorentina Milan in A ma punito

Mano pesante della giustizia sportiva: proposta la radiazione per Moggi e Giraudo

Franco Ordine

Una stangata. Una feroce stangata. Furbescamente sigillata dentro il recinto di un apparente equilibrio: Juve in B, Milan in A, i due opposti dello scandalo. La stangata sporcata, irrimediabilmente sporcata, da una clamorosa fuga di notizie e alla fine infiocchettata con un pasticcio degno di un premio Oscar: la penalizzazione inflitta al Milan non gli impedisce, regolamento alla mano, di disertare la coppa Uefa. Inquietante, infine, semplicemente inquietante, il trattamento riservato ad arbitri e dirigenti del settore, gli esponenti dichiarati del sistema, gli autori, materiali, degli illeciti: sono stati trattati con i guanti. Guanti di velluto, in più di un caso. Con l’eccezione di De Santis esposto così al pubblico ludibrio, insieme ai pochi altri azionisti di maggioranza della famosa cupola.
JUVE, 2 ANNI IN B. Per cominciare due scudetti revocati, da cancellare, da buttare via. Gli ultimi due, ventottesimo e ventinovesimo di una storia macchiata per la vita. Revocati e non assegnati. I giudici della Caf hanno evitato alla Juventus la doppia umiliazione della serie C, reclamata dal procuratore Palazzi, ma l’hanno condannata ad almeno due anni di serie B. Hanno usato una finta clemenza, insomma. Applicandole la penalizzazione super, 30 punti in meno: questo handicap non è recuperabile in una stagione, pur avendo a disposizione un’armata calcistica, non una squadra tecnicamente attrezzata. È stato profetico Grande Stevens, l’eco delle decisioni erano arrivate anche a lui, non solo a qualche redazione di giornale. Giraudo e Moggi non avevano scampo e non potevano sperare altro: per loro il massimo della pena, 5 anni più la proposta di radiazione.
FIORENTINA, IN B CON MENO 12. Cinque illeciti a carico, cinque partite «aggiustate», evitata la retrocessione nel campionato 2004-05: è il caso, forse unico, in cui si coglie una sorta di proporzione tra i pesanti addebiti e le sanzioni subite, con la retrocessione in serie B aggravata dal meno 12 punti che, formalmente, consente ai viola di puntare comunque a un veloce ritorno in serie A. Di conseguenza le squalifiche personali inflitte ai fratelli Della Valle scandiscono le responsabilità di ciascuno: ruolo di primissima fila a Diego, presidente onorario, punito con 4 anni, ruolo defilato per il fratello Andrea, presidente del club, inibito per 3 anni e 6 mesi, come l’ad Mencucci.
LAZIO, IN B CON MENO 7. Nella classifica delle responsabilità preparata da Ruperto, la Lazio è al terzo posto. Un numero minore di illeciti addebitati, uno solo, rispetto alla società viola, di qui lo sconto della pena deciso dalla corte rintracciabile anche nella squalifica a Lotito, il quale si rivolse al presidente della federcalcio per reclamare un aiuto. Meno pesante la sua inibizione: fermato per 3 anni.
MILAN, IN A CON MENO 15 e SENZA COPPA. Contro il Milan c’è stato un vero accanimento. E nell’accanimento hanno anche commesso un errore maldestro nel definire la penalizzazione della passata classifica. Meno 44 punti, hanno deciso i giudici della Caf per impedire al club, primo nella classifica Uefa, di partecipare alla prossima edizione della Champions league e anche alla coppa Uefa. Ma non hanno saputo fare di conto. Perché il Milan viene di fatto sistemato in classifica alle spalle dell’Empoli, ma poiché l’Empoli non ha chiesto e non ha ottenuto la licenza Uefa per partecipare al torneo, di fatto il Milan è iscritto alla coppa Uefa. Dilettanti allo sbaraglio, verrebbe da chiosare: non sanno neanche contare. Al Milan hanno tolto di fatto anche l’ultimo scudetto, poi la Champions league, quindi la coppa Uefa e con il meno 15 per il prossimo torneo, l’hanno condannato a partecipare per vincere solo la coppa Italia. 30 milioni di euro il danno economico della mancata partecipazione alla coppa Campioni. A Galliani, responsabile di comportamento sleale, per una telefonata della durata di 1 minuto e 48 secondi con Meani, un anno di squalifica. All’infedele accompagnatore degli arbitri, Leonardo Meani, la squalifica di 3 anni e 6 mesi. Evidente la conclusione del giudizio. Non hanno potuto togliere la serie A al Milan. È stata infatti riconosciuta solo la responsabilità oggettiva nell’illecito, per il ruolo di Meani, non quella diretta. Galliani ha risposto di comportamento sleale e per questo è stato fulminato con dodici mesi di inibizione.
DE SANTIS IL REGISTA. Massimo De Santis, l’arbitro utilizzato dal sistema Moggi per tutti i lavori sporchi, è stato sbattuto fuori con la squalifica più dura nei confronti dei fischietti: 4 anni e 6 mesi. Pari a quella comminata a Franco Carraro, presidente della federcalcio. Solo Innocenzo Mazzini, il vice-presidente protagonista principale di tutte le intercettazioni più scottanti, è stato trattato al pari di Moggi e Giraudo: il massimo della squalifica, una specie di ergastolo, 5 anni e proposta di radiazione.
ARBITRI RISPARMIATI. Inspiegabile l’atteggiamento avuto dalla Caf nei confronti degli arbitri. Cinque di loro, da Rodomonti a Messina, sono stati prosciolti. Per gli altri, tutti gli altri, è stata usata la mano leggera. Paolo Bergamo, intuita la malaparata, si è sfilato, sottraendosi al giudizio. Il suo sodale, Pairetto, se l’è cavata con 2 anni e 6 mesi: non potrà più ricoprire incarichi nel settore, d’accordo, ma agli occhi dei suoi passa come il meno coinvolto. Così per Lanese, il presidente dell’Aia che partecipava alle cene con Giraudo e Moggi e di fatto «nascondeva» agli organi competenti l’irruzione dei due dirigenti juventini dentro lo spogliatoio di Paparesta, dopo il famoso Reggina-Juventus. Proprio lui, l’arbitro barese, commercialista, se l’è cavata con 3 mesi. Potrà continuare a fischiare, chissà con quale credibilità. Ma attenti, è questo il punto. Gli arbitri sono stati salvati per volontà di Agnolin, il commissario del settore imposto da Guido Rossi. Ha pensato alla sua squadra, al prossimo campionato: sarebbe stato impossibile organizzarlo con una carneficina tra i fischietti.

Agli altri, tifosi in testa, non ha pensato nessuno.

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