La stanza di Mario Cervi

Con sempre maggiore frequenza si legge che in Italia e altrove nel mondo si svolgono delle manifestazioni contro qualcosa che a qualcuno non va. Naturalmente la conseguenza, oltre ai disagi materiali, è quella che si hanno danni ingenti che poi la collettività, estranea ai fatti, deve riparare. Poiché esiste un vecchio detto che suona così: Chi rompe paga... che i rompitori paghino. Ebbene, quando gli studenti in una manifestazione causano danni, che la somma necessaria alle riparazioni venga detratta dal bilancio del loro ministero. Se poi le scuole saranno fatiscenti, se dei nuovi professori non potranno essere assunti, o quant’altro, tutti sapranno chi sono i responsabili. Se un sindacato organizza una manifestazione che degenera in tafferugli, che il sindacato paghi i danni. Se per una partita di calcio si svolgono tafferugli con inevitabili danni… che le squadre dei tifosi paghino. Sapranno poi come rivolgersi ai loro tifosi. In breve. L’ azione più ingiusta che lo stato possa commettere è quella di sprecare i soldi dei contribuenti per ripianare dei danni dei quali si conoscono i colpevoli. Chi ha organizzato la manifestazione non può, e soprattutto non deve, trincerarsi dietro un «non possiamo essere colpevoli di azioni commesse da singoli» se quei singoli sono stati congregati proprio da loro.

In questa maniera non solo avremmo meno manifestazioni che, seppur ordinate, arrecano disagi alla popolazione, ma soprattutto si otterrebbe quel comportamento civile, non importa se imposto, che sembra essere andato perduto. Infine, circostanza da non sottovalutare, vi sarebbero più fondi per impieghi utili.
Roma

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