la stanza di Mario CerviChe soddisfazione un dialogo coi lettori che dura da quarant'anni

Premetto che acquisto il Giornale dalla sua comparsa, 1974. Catturata dal fascino dei ragionamenti, della cronaca dettagliata, ironica, quasi pettegola, del maestro di penna Montanelli, che trattava il lettore come un amico da informare, con dovizia di particolari. Le penne eccellenti di cui si era circondato, gli rendevano onore e godimento a noi lettori. Avevo un debole per Zappulli che illustrava economia e finanza a noi comuni mortali con competenza, chiarezza, senza spocchia. Insomma, una gran bella squadra, con un capitano straordinario. Poi il tempo, gran guastatore, non ci ha solo fatto invecchiare, ma ci ha anche trasformati. Giorno dopo giorno il Grande Vecchio è diventato come una bottiglia di buon vino lasciata stappata: si è inacidito e il suo carattere caustico aveva assunto toni talvolta isterici. Un giorno mi sono persino detta che Montanelli negli ultimi tempi si comportava come la Callas: da prima donna capricciosa, a cui tutto è dovuto. Questo nulla toglie alla grandezza dell'uomo. Ma il Montanelli degli ultimi tempi, non era più lo stesso.
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Cara amica, il Giornale compie quarant'anni, e mi pare che la sua bella lettera sintetizzi come meglio non si potrebbe cosa fu e come questo foglio quando Montanelli lo fondò. Lei indugia sui meriti di Indro e sull'amarezza che Indro inflisse a molti lettori litigando con Silvio Berlusconi. Non voglio riproporre una querelle sulla quale da tantissimi -me compreso- sono state scritte tantissime pagine. Ripeto soltanto che secondo me Montanelli -con la sua caratura di personaggio pubblico- aveva ragione quando così motivò la sua opposizione all'ingresso del Cavaliere in politica. «Quando sarai in politica -questo l'argomentazione di Indro- se parlerò bene di te sarò un servo e se parlerò male di te sarò un ingrato». Ritengo che il divorzio avesse motivazioni ragionevoli. Non le ebbe il furore implacabile che Montanelli manifestò nei confronti dell'uomo cui era stato molto vicino. Lei scrive che quella penosa vicenda nulla toglie alla grandezza di Montanelli, e io sono del suo stesso parere. Consapevole tuttavia del fatto che molti amici del Giornale continuano a rimproverare al principe dei giornalisti italiani quello che ritengono sia stato un capriccio senile.

Mi fa piacere che lei abbia ricordato Cesare Zappulli, inarrivabile nel rendere divertente l'economia. Nella mia memoria Zappulli sta accanto ad altre firme indimenticabili che il Giornale ebbe, e che cammin facendo gli sono state tolte dalla morte. O forse non tolte ma consegnate alle antologie.

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