la stanza di Mario CerviLa tv pubblica è un'anomalia (inevitabile) del libero mercato

Ho visto al Tg3 che un ospedale di nuova apertura a Genova probabilmente non potrà assolvere ai propri compiti a causa dei tagli alla spesa pubblica e sono rimasto veramente colpito e mortificato nel sapere che la nostra salute non interessa più a nessuno. Apro il Giornale e leggo che alcuni comici o pseudo tali erano sul punto di percepire compensi variabili da 5 a 7 milioni di euro a testa e sono rimasto incredulo perché non ho notizia di nessun taglio alla spesa pubblica (ma, la Rai non è pubblica e percepisce un canone pagato dai contribuenti?). Anzi, si spende e si spande in cambio di barzellette che di questi tempi non fanno ridere nessuno.
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Caro Giovanati, se valutate con il metro della giustizia sociale e della moralità molte cose, nel mondo in cui viviamo, ci appaiono intollerabili. Tra esse i compensi stratosferici elargiti a personaggi che non hanno scoperto la teoria della relatività né inventato la penna a sfera. I comici o i conduttori televisivi non sono i soli personaggi gratificati da compensi milionari che alla gente comune sembrano, per la loro enormità, spropositati e offensivi. Basta pensare ai calciatori idolatrati dai tifosi, e ad alcuni allenatori. Le cifre da capogiro circolano anche tra i piloti di Formula 1 o tra i migliori tennisti. La risposta ovvia a chi deplora questi scandali è che viviamo nella società della competizione e del mercato. I compensi sono favolosi quando, a torto o a ragione, le prestazioni d'un personaggio richiamano un pubblico oceanico. Se un presidente di società calcistica vuole accontentare la sua esigente tifoseria e riempire gli stadi, copre d'oro i campioni del pallone. Certo sarebbe meglio che i milioni così profusi andassero agli ospedali o alle scuole materne, ma questo tipo di donazioni non dà popolarità, gli sperperi ne danno moltissima C'è però un «ma» importante. Essendo la Rai un ente pubblico finanziato dal canone, dovrebbero vigervi criteri diversi da quelli richiesti ai privati.

Alla Rai si deve chiedere di anteporre, quando è il caso - e con Crozza il caso esisteva - l'etica all'ascolto. La televisione pubblica e pubblicamente foraggiata costituisce, in un contesto di libertà economica, un'anomalia spesso imbarazzante. In viale Mazzini hanno l'obbligo di ricordarselo sempre.

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