A Stasi la pedopornografia costa una multa

La tragedia di Garlasco si chiude con una multa, una pena pecuniaria che sa di contravvenzione. Di semaforo rosso e di biglietto del tram non pagato. E invece quei 2540 euro che Alberto stasi dovrà pagare sono la coda dell'omicidio di Chiara Poggi, un dramma che ha sconvolto l'Italia. Anche quel delitto, avvenuto il 13 agosto 2007, rimarrà uno dei tanti misteri italiani, buoni solo per le contorsioni dei dietrologi. Alberto Stasi, il fidanzato di Chiara, era stato assolto a doppia mandata, in primo e secondo grado. Restava davanti al tribunale di Vigevano solo un moncone dei procedimenti aperti contro il biondino: il filone delle foto e dei filmati pedopornografici contenuti nel suo computer. Una parte del capo d'imputazione, la divulgazione del materiale proibito, si era già squagliata. C'era ancora sulla bilancia dei giudici la detenzione e su quel minuscolo moncherino è arrivata la condanna. Millequattrocento euro di multa più trenta giorni di reclusione, convertiti in 2.540 euro di pena pecuniaria. Più l’interdizione dai pubblici uffici. Insomma, sul curriculum di Stasi, che intanto si è laureato e ha ripreso la vita di sempre, rimane una macchiolina quasi invisibile. Poco o nulla rispetto allo scenario agghiacciante costruito dopo la morte di Chiara.
In quei giorni di estate gli investigatori si erano concentrati su Stasi, primo e unico sospettato di tutta questa storia.
Tutti, ma proprio tutti gli indizi portavano a lui. Solo che gli indizi non hanno mai raggiunto il peso di prove. Sulla base di un indizio traballante, e poi crollato, Stasi venne fermato e poi rilasciato di corsa. Dal computer, aperto intempestivamente dalle forze dell'ordine, erano intanto saltati fuori i filmati con scene hard cui partecipavano anche i minori. Un biglietto da vista devastante per il ragazzo modello tutto fidanzata e libri; che ci facevano lì quelle scene vergognose, quelle immagini intollerabili, quei video maniacali?
L'accusa, sempre carica di suggestioni e a corto di assi da buttare sul tavolo, si è attaccata a quei video sostenendo che quelle istantanee fossero la chiave del delitto. Chiara, la ragazza acqua e sapone, non conosceva quel lato oscuro e inquietante del suo ragazzo. Forse, la sera prima di morire, Chiara aveva curiosato nel portatile di Alberto e si era imbattuta in quelle nefandezze. Per la procura di Vigevano quella scoperta aveva innescato come una scintilla: la lite fatale e l'assassinio.
Ipotesi. Azzerate da un'indagine che si è risolta in un balbettio. Anche il fascicolo pedopornografico si è arenato un po' alla volta. "eravamo partiti con una contestazione di 60 spezzoni di file- commenta l'avvocato Giulio Colli - ora si è sbriciolato tutto. Resta questa coda che cercheremo di eliminare in appello". Del resto l'accusa si era già ristretta a solo 17 frammenti di immagini.
Dello Stasi killer si erano perse le tracce da tempo, ora anche lo Stasi in versione orco scompare in un'aula di giustizia.

Certo, la storia non è ancora arrivata all'epilogo: lo Stato, alle prese con l'ennesimo imbarazzante giallo senza soluzione, proverà a riaprire i giochi in Cassazione. Ma la speranza è un fuoco tenue. La Spon River delle vittime senza colpevole è destinata ad allungarsi.

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