Roma - Le assenze per motivi sindacali nella pubblica amministrazione e i permessi per funzioni pubbliche elettive (Parlamento e consigli degli enti locali, ndr) sono costati nel 2006 oltre 188 milioni di euro dei quali solo 121,4 per le rappresentanza nel sindacato. Si tratta di una cifra di poco superiore a quella necessaria per finanziare la costruzione di tre lotti della strada statale Grosseto-Fano, un’arteria di collegamento tra la costa tirrenica e quella adriatica.
In particolare, il capitolo più «pesante» dell’intera voce è quello dei distacchi sindacali. Ben 830.598 giornate di lavoro sono state spese per l’istituto contrattuale che consente a un dipendente pubblico che sia dirigente di un’organizzazione di rappresentanza dei lavoratori di svolgere questo compito mantenendo la propria retribuzione. È come se 2.276 impiegati si fossero assentati dal servizio per un anno intero. Il costo? Si è aggirato attorno ai 68,2 milioni di euro.
Analogamente significativa è la cifra dei permessi sindacali retribuiti per l’espletamento del mandato: 263.466 giorni pari all’assenza per un anno di 1.198 dipendenti. Il costo, stimato sulla base di una retribuzione media di 30mila euro per dipendente, a circa 36 milioni di euro. La partecipazione alle riunioni degli organismi direttivi ha «disperso» 115.868 giornate, ossia un contingente di 527 persone in ferie retribuite per un anno. Solo 1,4 milioni e 47 unità di personale in meno per le 17.095 di permessi cumulati sotto forma di distacco.
L’aspetto singolare della vicenda è rappresentato dal «costo» delle autonomie. Distacchi e permessi sindacali nelle Regioni e negli altri enti locali sono costati nel 2006 ben 31,3 milioni di euro, ben più dei 22,6 milioni del Servizio sanitario nazionale e dei 20,1 milioni della scuola nonostante questi due comparti della pubblica amministrazione contino più dipendenti di quelle delle autonomie (1,1 milioni la scuola e 690mila l’Ssn a fronte dei 526mila delle regioni).
Certo, bisogna anche osservare che ci sono dei settori pubblici in decisa controtendenza. Un esempio è quello dell’università, comparto nel quale distacchi e permessi hanno comportato la «perdita» di poco più di 78 dipendenti nel 2006 su un totale di oltre 113mila per una spesa di circa 2 milioni. Negli enti pubblici non economici (60.232 dipendenti) i soli distacchi hanno comportato l’assenza di 232,5 dipendenti per una spesa di circa 7 milioni di euro. Ma non è l’unica anomalia: ad esempio nel 2006 il ministero dei Beni culturali ha contato 59 distacchi, 12 in più dei dipartimenti del ministero dell’economia riconducibili all’ex Tesoro.
L’attività sindacale non è l’unica prerogativa costituzionale che ha «sottratto» tempo e denaro allo Stato. Anche la democrazia ha avuto il suo costo sotto forma di permessi e aspettative per le funzioni elettive. Complessivamente questa voce ha determinato una spesa di 817.144 giornate lavorative, corrispondenti all’assenza dal servizio di 2.239 dipendenti con un costo pari a 67,1 milioni di euro. Regioni e autonomie locali varie anche in questo caso incidono per oltre 26 milioni (circa 860 dipendenti) superando scuola (14,2 milioni) e Ssn (15,6 milioni).
Gli enti più virtuosi? La presidenza del Consiglio con 59mila euro, le Forze Armate (solo 30mila euro), la Polizia (9mila euro) e la Penitenziaria (821 euro). Hanno sicuramente fatto meglio di alcuni dipendenti del ministero dell’Interno (dal quale la Polizia dipende) che hanno cumulato oltre 1.000 ore di permesso per svolgere la carica di consigliere comunale o circoscrizionale. Sempre in tema di spigolature si può segnalare che all’Inps nel 2006 sedici dipendenti si sono messi in aspettativa (un parlamentare) e 289 hanno chiesto un permesso, tra questi un eurodeputato che ha usufruito di 136 ore. D’altronde, a Strasburgo non è necessaria una presenza costante.
Infine una citazione di merito va alle organizzazioni che non hanno usufruito di alcun tipo di permesso. A Roma sono stati i collegi dei geometri, dei periti agrari, dei ragionieri e degli infermieri.
Comunque, distacchi e permessi sono regolamentati dalla legge e dai contratti di lavoro. La Grosseto-Fano può aspettare.
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