«È stato un bene non vendere Opel Chrysler? Rispetto, ma cresciamo di più»

GinevraDan Akerson, 61 anni, ceo di General Motors dal 1° settembre del 2010, è il quarto manager a prendere il timone del colosso di Detroit dopo l’apertura del procedimento di bancarotta pilotata in giugno 2009. A lui è toccato il compito, e in parte il merito, di riportare Gm a Wall Street e di chiudere il 2010 con un risultato utile, la prima volta dal 2004. Il Giornale lo ha incontrato al Salone di Ginevra.
C’è qualcosa che la preoccupa in questo momento?
«La crisi trasversale che sta colpendo il mondo arabo, e in particolare Paesi, come la Libia, che sono tra i maggiori produttori di greggio, getta alcune ombre sulla ripresa. Per quanto ci riguarda, credo però che questa volta, rispetto a quanto accaduto nel 2008, siamo meglio preparati grazie a una gamma di prodotti moderni, equipaggiati di motori che consumano meno, oltre ovviamente alla nostra offerta elettrica. A febbraio, in Usa, abbiamo fatto segnare una crescita del 40%, considerando le sole auto (nel 2010 hanno anche generato profitti che negli ultimi anni provenivano soltanto dai light truck, ndr), ed entro fine anno potremo contare su quattro nuovi modelli compatti molto efficienti sotto il profilo energetico».
Su questo fronte Fiat-Chrysler è particolarmente preparata. Come valuta oggi il gruppo guidato da Sergio Marchionne?
«Come un concorrente serio, vitale, che rispettiamo. Al di là della concorrenza, il ritorno di Chrysler stimolerà anche la competizione tra i fornitori».
Per l’Europa è prevista una modesta ripresa. Come pensate di riportare al profitto Opel su questo scenario, alla luce anche della crescita dell’altro vostro marchio, Chevrolet?
«Non ci sono rischi che Chevrolet, entrando in nuovi segmenti, penalizzi le vendite di Opel le cui perdite relative al 2010 saranno comunque inferiori a quelle previste (0,6 miliardi di euro contro una previsione a doppia cifra, ndr).

Ogni marchio, in Gm, ha una sua missione specifica. Quando ancora non ero in Gm giudicai sbagliata la decisione di vendere Opel, e oggi sono sempre più convinto che la scelta di conservare il brand europeo sia stata quella giusta».

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