Stefano Zurlo
da Milano
Due milioni e mezzo di euro. «Stima prudente», aggiunge il Procuratore della Repubblica Guido Papalia. Due milioni e mezzo di euro: è la cifra che lo Stato ha rinunciato a riscuotere per via dell’indulto, solo nella città di Verona. Il dato è il frutto di una ricerca condotta sul campo da Papalia, il magistrato noto in tutta Italia per le inchieste sulle camicie verdi e le polemiche con la Lega. Papalia ha studiato la legge votata dal Parlamento con maggioranza arcobaleno questa estate e si è concentrato su un capitolo non illuminato dai riflettori dei media: le pene pecuniarie. Condonate, insomma cancellate fino ad un massimo di 10mila euro. Quanto ha perso la giustzia italiana?
Papalia ha fatto due conti: «Il territorio del tribunale di Verona coincide con quello della Provincia e ha giurisdizione su circa 800mila persone. Grossomodo l’1,5 per cento della popolazione italiana. Diciamo anche - aggiunge il magistrato - che il tribunale di Verona è il classico tribunale medio italiano, fotografa bene la provincia del nostro Paese». Conclusa la premessa, quasi da sociologia giudiziaria, Papalia offre al Giornale i dati ricavati: «Anzitutto ci sono i decreti penali, emessi dal gip senza passare dall’udienza preliminare. Finora, sono andati in fumo 1091 decreti con pene medie nell’ordine dei 1900 euro. Dunque, solo su questo versante abbiamo perso più di 1 milione e settecentomila euro. Poi c’è tutto il capitolo delle pene pecuniarie al termine dei processi che ci è costato, fino a questo momento, non meno di 800mila euro. Il totale si attesta intorno ai 2 milioni e mezzo di euro. Ma la stima è al ribasso».
Come interpretare questi numeri? «Nell’unico modo possibile - replica il Procuratore - nel totale c’è un po’ di tutto. Ma si possono distinguere alcune tipologie di reati. Per esempio le violazioni alle norme sull’edilizia. Moltissime, forse il sottoinsieme più ampio. E poi, altrettanto numerose, le guide in Stato di ebrezza. Reati che si ritrovano in tutto il Paese». Insomma, Verona è lo specchio dell’Italia.
E allora Papalia azzarda: «Ritengo che Verona rappresenti un campione adeguato e per questo mi sbilancio affermando che se si moltiplica il dato di questa città su scala nazionale si ottiene una proiezione importante su cui sarà bene riflettere». Quindi, se 800mila abitanti non devono più sborsare circa 2,5 milioni di euro, basterà allargare l’analisi ai 57 milioni di italiani. «Bene, compiute le opportune moltiplicazioni - prosegue Papalia - abbiamo un risultato che può ragionevolmente oscillare fra i 150 e i 200 milioni di euro. Questo è, secondo me, quanto lo Stato ha perso finora per l’indulto. Ma attenzione: siamo solo all’inizio. Per almeno tre anni ci toccherà fare i conti con l’indulto anche su questo versante e dunque è lecito ipotizzare che alla fine le casse della giustizia perderanno un flusso non inferiore ai 400-500 milioni di euro».
Non poco. Anzi, tantissimo in questo periodo di vacche magre. La carta per le fotocopie negli uffici è finita o agli sgoccioli, la benzina scarseggia, gli interpreti non vengono pagati, le imprese che garantiscono assistenza informatica alle Procure minacciano di farsi da parte. E lo Stato, come cantava Fabrizio De Andrè, che fa? Vara l’indulto e, già che c’è, allarga la sua generosità anche alle pene in denaro. Ma costringe comunque i giudici a lavorare per arrivare a condanne poco più che virtuali: «Il Parlamento - insiste Papalia - ha varato l’indulto ma non l’amnistia. Così la macchina gira, produce indagini e dibattimenti, infine costruisce pene che non saranno scontate. Se proprio vogliamo dirla tutta, puntigliosamente, ai costi fin qui elencati dovrei aggiungere anche quelli della giustizia. Confezioniamo multe e ammende che non verranno pagate, consumiamo tempo, energie e risorse e non riscuotiamo. Anzi, il messaggio che lanciamo - è la chiusa sarcastica - è fin troppo chiaro: chi ha subito una condanna definitiva nei mesi scorsi e ha versato subito il dovuto, fa la parte dello stupido. Chi ha tergiversato, ora con il jolly dell’indulto può stracciare il “conto” presentato dai cancellieri».
Del resto, in una recente intervista il direttore dell’organizzazione giudiziaria del ministero della Giustizia Claudio Castelli ha ammesso sconfortato: «Sembra incredibile ma non so a quanto ammontano le sanzioni pecuniarie inflitte nei processi. So solo quanto lo Stato ha incassato nel 2005: 70 milioni di euro». Ora Verona “regala” a Roma i suoi dati. Inquietanti. Ma utili per affrontare, una volta per tutte, questa spinosa questione.
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