Lo Stato in Telecom, il ministro Mastella fa "l’apripista"

Nonostante le dichiarazioni di neutralità di Prodi, si rafforzano nell’Unione le tentazioni di riportare la compagnia telefonica sotto controllo pubblico. Maggioranza divisa sulla possibilità di nuove regole per l’accesso alla rete. Così l'Italia respinse la Ford e pagò il conti dell'Alfa Romeo

Lo Stato in Telecom, il ministro Mastella fa "l’apripista"

Roma - «I tempi dell’Iri sono finiti, ringraziando il Signore. Siamo in un libero mercato». Le parole del portavoce di An, Andrea Ronchi, critico con il liberismo «a corrente alternata» del governo, potrebbero trovare riscontro diverso nella realtà. L’esecutivo e la maggioranza stanno predisponendo per la soluzione del caso Telecom delle ipotesi di lavoro che riporterebbero in auge le pratiche dell’ente guidato negli anni scorsi dal premier Prodi.
Intervento pubblico. «Il governo è nelle condizioni di fare una precisa proposta nel rispetto del libero mercato». A sorpresa è il ministro della Giustizia, Clemente Mastella, a interrompere il gioco di specchi di Palazzo Chigi. At&t e América Móvil hanno fatto un’offerta per il 66 per cento di Olimpia, la controllante di Telecom? «Ebbene - ha detto - il governo dia l’indirizzo alla Cassa depositi e prestiti (Cdp) perché possa acquistare l’altro terzo più le quote che Tronchetti ha al di fuori di Olimpia». Uno schema che consentirebbe di avere «quel rapporto pubblico-privato che per la grande impresa italiana diventa fondamentale». Le esternazioni di Mastella, in questi giorni all’estero, rappresentano una traccia di lavoro per l’esecutivo. Il presidente del Consiglio, Romano Prodi, ha tenuto contatti con i principali gruppi bancari italiani e con le Fondazioni per sondare la possibilità di costruire un’alternativa italiana (eventualmente accompagnata da un partner estero). Ma gli errori commessi in estate con il piano Rovati e la necessità di non causare un danno di immagine al sistema Italia ostacolando il principale operatore Usa ne hanno limitato il raggio d’azione. Il siluramento di Guido Rossi, inoltre, ha privato Prodi & C. di una sponda. Ecco perché «il governo osserva e non interferisce» continua a essere la posizione ufficiale dell’esecutivo.
Regolamenti. La maggioranza, però, non gioca tutte le sue carte esclusivamente sul tavolo finanziario. Nel Consiglio dei ministri di giovedì scorso a Bersani e Gentiloni è stato affidato il compito di comprendere se ci siano gli estremi per un intervento normativo sull’accesso alla rete. Ma anche su questo versante le cose si complicano. In primo luogo i titolari dello Sviluppo e delle Comunicazioni sono esponenti di partiti come Ds e Margherita che già sul tema liberalizzazioni hanno dato prova di non riuscire a fare gioco di squadra. In secondo luogo, intervenire su un aspetto tecnico come l’apertura al mercato delle infrastrutture potrebbe generare sospetti e gelosie. La separazione della rete dai servizi in Telecom è materia della quale si sta occupando l’Autorità Tlc e che sarà ulteriormente regolata dal ddl sulla riforma dei servizi pubblici e da quello sulle Authority. «Chi volesse forzare la mano sbaglierebbe», avverte Mauro Fabris (Udeur). «Le regole del gioco non possono trasformarsi in sorprese per chi compra», sottolinea Antonello Cabras (Ds). «Dobbiamo rispettare il mercato», aggiunge Riccardo Villari della Margherita. Al di là del lungo iter parlamentare un provvedimento del genere non esalterebbe i riformisti della maggioranza e potrebbe essere seppellito nei meandri del Parlamento. Solo il ministro delle Infrastrutture, Antonio Di Pietro, è tornato a scagliarsi contro i «furbetti del quartierino» invocando «una legge che impedisca il gioco delle scatole cinese», ovvero di controllare le società con quote di minoranza.
Modello Terna. «Il governo dovrebbe lavorare per separare la rete dai servizi perché la rete è un asset strategico», ha ripetuto il verde Bonelli.

La sinistra radicale è a favore della pubblicizzazione e un intervento normativo in questo campo potrebbe essere il «cavallo di Troia» per avviare un percorso simile a quello iniziato con Terna e Snam. Ma la rete è di Telecom e non si può espropriare. E bisognerebbe trovare investitori ad hoc che il piano Rovati indicava nella Cdp. Sembra proprio l’Iri.

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