Stavolta Moratti ha dimostrato di poter vincere senza allenatori

Eto’o come Ronaldo non è solo una idealizzazione provocata dai numeri (34 reti l’uno come nella miglior stagione dell’altro), ma la dimostrazione che quest’anno ha avuto ragione Massimo Moratti. Voleva dimostrare che l’Inter del “triplete“ sarebbe stata ancora grande in Italia, pur giocando senza allenatore. Ce l’ha fatta. La possibilità del “tripletino“ (supercoppa italiana, coppa Intercontinentale e magari coppa Italia) deriva da questa raffinata strategia. Un po’ costosa, d’accordo. Anche rischiosa. Però ce l’ha fatta. La stagione si concluderà: il secondo posto in campionato è dignitoso, la figuraccia in Europa un po’ meno. Ma tutto il nostro calcio fa piangere in Europa.
Fondamentalmente questa trovata è stata la vera risposta all’abbandono, anzi alla fuga, di Mourinho. Spieghiamo: Moratti ha ingaggiato Benitez per necessità di dotarsi di un tecnico che gestisse una nuova preparazione. Non certo per stima o convinzione propria. E non fatevi ingannare dagli infortuni: quelli di Leonardo non sono stati in minor numero. Il problema sta nell’usura dei giocatori. Benitez ha dovuto recuperare la squadra dalla spremitura di Mou e confrontarsi con l’idea del patron, che voleva dimostrare quanto fosse forte la squadra, più di chi la gestiva. Rafa è stato mostruoso nel tenere in piedi gente che non voleva saperne, non stava dalla sua parte. I rinforzi erano Obi, Biabiany, Coutinho e Natalino (visto dove sono finiti?). Ma Benitez serviva soprattutto per condurre l’Inter nella coppa Intercontinentale. Preferibilmente per vincerla.
Poi Moratti ha puntato su Leonardo, ben sapendo che il personaggio, intrigante, ammaliatore, furbo, un po’ fraticello, non aveva le qualità del tecnico. Lo dicevano al Milan. E il presidente, che ha fior di informatori, ha piuttosto rinforzato la squadra. Sempre per dimostrare che contano i giocatori. E Leonardo è stato inappuntabile: l’Inter ha avuto in panca un filosofo, un accompagnatore, un compagnone, l’ideale per far comandare i giocatori e convincere la squadra di aver dentro di sè le forze per risorgere. Leo ha assolto il compito da fuoriclasse ed intanto ha cominciato ad imparare l’arte dell’allenare. Non a caso, oggi dice: «Mi sento più allenatore». Si vede, si è visto pure nelle ultime partite: ha preso precauzioni, meditato sugli errori costati troppo, sta migliorando.


Oggi l’Inter ha tre leader: quello carismatico, Eto’o, quello emblematico, Zanetti, e quello sostanziale, Cambiasso, allenatore in campo talvolta costretto a ruolo non proprio gradito. Se la squadra vincerà la coppa Italia, Moratti avrà studiato il piano perfetto. In caso contrario sarà stato... quasi perfetto.

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