Piera Anna Franini
da Milano
Daniel Harding, il più giovane direttore a inaugurare una stagione scaligera è un ragazzo che ama calcio, volo, cricket e si presenta alle prove in jeans e maglietta, insomma vive da comune mortale. Anche quando raggiunge il podio. Teorema dimostrato alla testa della Mahler Chamber Orchestra, alla Scala, in un concerto tra una replica e laltra di Idomeneo. Buona lopportunità di ascoltare Harding in versione concertistica alle prese con la seconda Sinfonia di Schumann e la Quarta di Beethoven. Lorchestra vede una disposizione che non è delle più usuali con contrabbassi alla sinistra del direttore e violoncelli in area centrale. Lui fluttua e freme sul podio dal quale sembra voler spiccare il volo quando apre le braccia verso lesterno. Scarica il peso del corpo esile sulla punta dei piedi e si slancia in avanti quasi volesse tuffarsi nellorchestra. Ma non succede nulla tanto che Beethoven ne esce assai provato, e il pubblico risponde con applausi di cortesia negando i dodici minuti di ovazioni ma erano proprio dodici? - tributati il 7 dicembre.
Il pulsare ritmico che innerva lintera sinfonia tende a disperdersi, non si avverte il senso della natura che anticipa la Pastorale. Non cè affondo, il canto è ridotto ai minimi termini, la vitalità che guizza in tutta la partitura è tradotta a rotta di collo e con sbandamenti. Meglio la lettura di Schumann. Anche qui, però, lattacco è approssimativo, il suono prosciugato e poco vibrato là dove i romantici lo richiedono. Non mancano perle: lAdagio espressivo.
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