Politica

«Stop allo stipendificio Presto ogni istituto sarà una fondazione»

Il ministro Gelmini pensa a un modello più «privato»: «L’istruzione è tra le priorità del governo»

nostro inviato a Rimini
I compiti delle vacanze li ha fatti e si è comportata bene. Tra due settimane si torna sui banchi di scuola e il ministro dell’Istruzione Mariastella Gelmini presenta le linee guida dei suoi interventi. E prima ancora di rispondere alle domande dei giornalisti al Meeting riminese di Cielle, se ne esce con una novità da secchiona: «Da stamattina (ieri, ndr) ho deciso di pubblicare sul sito www.istruzione.it il bilancio del ministero». Applausi, brava, sette più.
L’onda lunga della trasparenza brunettiana non si esaurisce. È la prima volta che un ministero rende noti i suoi conti e da qui parte il dibattito «Non di solo Stato vive la scuola», che a Rimini vede opposte Gelmini e il corrispettivo-ombra, la senatrice Pd Mariapia Garavaglia: «Il 97% delle spese è destinato a stipendi bassi che non nobilitano la funzione dell’insegnante - spiega il ministro -. È la situazione che ho ereditato: ogni investimento è bloccato ma io e Tremonti siamo solo due capri espiatori». Dunque dai denari e non dai talenti comincia il riassetto del sistema educativo italiano, il cui piano di razionalizzazione verrà illustrato a settembre alle Camere. E nonostante tutti siano d’accordo nel dire che «non si chiedono nuove risorse, poi la lingua torna sempre a battere sui tagli in Finanziaria: «7,8 miliardi in tre anni - attacca Garavaglia -, e ottenuti con interventi che non colpiscono gli sprechi». Forbici che andranno a sfoltire anche la pattuglia di insegnanti, molto più corposa rispetto allo standard europeo: un docente ogni 9 alunni contro il rapporto 1 a 12 dell’Ue. Il ministro sbotta: «Per anni la scuola è stata utilizzata come un ammortizzatore sociale. È ora di chiudere lo stipendificio».
Ma la lezione di economia domestico/ministeriale non interessa la platea: il siparietto delle casse vuote ha già avuto troppe repliche. C'è bisogno di nuovi modelli e il ministro Gelmini si rifà a «quegli istituti paritari che spendono meno degli statali ottenendo risultati migliori». Da questa esperienza nasce la proposta di «vedere un giorno tutte le scuole - paritarie o statali - trasformate in fondazioni». Un passo verso l'autonomia di governance e la sussidiarietà a costo «del dimagrimento del ministero». E se nessuno parla di privatizzazione, comunque si fa un passo verso lo svecchiamento di una scuola italiana che - se per la primaria è al sesto posto in Europa - per quanto riguarda medie e soprattutto superiori è in coda a ogni classifica, come denunciato anche dall'ex ministro di centrosinistra Tullio De Mauro. Lo stesso che dalle colonne del Corriere della Sera ha difeso il ministro.
Chiusa una questione, se ne aprono a cascata altre, perché «la riforma dell'istruzione è una priorità del governo». Prova ne è la reintroduzione dell'educazione civica e del voto in condotta che fa media, perché «il giudizio deve tener conto dell'educazione e del comportamento». Una scelta già presente nel ddl di agosto ma che sarà convertita in decreto nel Consiglio dei ministri di oggi.
Il dialogo intanto prosegue e i punti di contatto con l'opposizione sono molti. Innanzitutto sui meccanismi di dote, voucher o crediti d'imposta, cioè quelle facilitazioni economiche che gli enti locali corrisponderanno alle famiglie per consentire loro di scegliere senza pregiudiziali tra scuole statali e non. E sempre con un occhio alle spese dei genitori, altra comunità di intenti si registra sul caro libri: «Spesso non c'è motivo di rieditare i libri di testo e trovo positivo l'intervento dell'Authority che ha denunciato lo sforamento dei tetti di spesa - afferma la Gelmini -. Stiamo pensando di proporre che almeno gli eserciziari siano disponibili in internet». Anche se il digital-divide è ancora una discriminante e la spesa per i toner delle stampanti rischiano di annullare il beneficio. Stessa opinione favorevole Garavaglia e Gelmini la mostrano sull'abolizione del valore legale del titolo di studio, che però «non è una priorità».
Capitolo a parte, infine, lo meritano loro, gli insegnanti. Rimessi in discussione dai numeri al meccanismo di assunzione. Le stime parlano di 110mila insegnanti in meno, ma «il 30% dei risparmi sarà utilizzato per premiare i docenti più meritevoli». Meccanismi di meritocrazia anche per le carriere («basta con gli avanzamenti per anzianità») e i praticantati allo studio per sostituire le Ssis, le scuole di abilitazione all’insegnamento per le quali il ministro ha proposto una moratoria. Fino al nodo del «contratto separato per gli insegnanti». Una materia ostica.

In cui solo una secchiona può riuscire.

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