Milano - «Dopo un ventennio, in fondo, chiediamo soltanto un po’ di democrazia». Il ventennio, nella vis polemica di chi parla, sarebbe quello che ha visto Gianfranco Fini ininterrottamente al vertice di Alleanza nazionale. Chi parla, invece, il «partigiano Francesco» che giudica concluso quel ventennio, è l’ex ministro Storace, ieri a Milano e in Piemonte, dopo un passaggio in Veneto, nell’ambito di un personale giro d’Italia che lo ha già visto nel Centro e al Sud per lanciare la sua corrente denominata d-Destra e per appoggiare la raccolta di firme per una proposta di legge di iniziativa popolare che modifichi l’articolo 49 della Costituzione al fine di dare personalità giuridica ai partiti politici.
Una vecchia battaglia liberale - malagodiana, se ben ricordiamo - per far sì che i partiti debbano rendere pubblici i propri bilanci. Obbligo mai imposto, nell’era dei finanziamenti pubblici palesi e occulti, con la conseguenza di eliminare attraverso quel rubinetto anche la dialettica interna alle forze politiche, consegnandole alle rispettive oligarchie.
Ed è su questo tasto che ieri Storace ha battuto e ribattuto per più di un’ora, sotto gli affreschi del salone della società Umanitaria. Non a caso, quando gli chiedono se si candiderebbe contro il suo presidente al prossimo congresso, lui replica polemico che risponderà «il giorno in cui Fini si deciderà a convocare il congresso». Considerato anche che, aggiunge poi, «come Movimento sociale di congressi ne abbiamo fatti 17 in 49 anni, e tutti belli caldi; mentre come An ne abbiamo avuti soltanto due nell’arco di 12. E perdipiù tiepidini». Dice anche di sperare che «se finalmente ci sarà un congresso, come statutariamente giusto e politicamente necessario, questo possa concludersi unitariamente, perché vorrebbe dire che tutti la pensiamo alla stessa maniera... ma qualche dubbio ce l’ho - chiosa amaro - che Fini voglia pensarla come noi».
È uno Storace visibilmente tonico, aggressivo, decisamente brillante, quello salito ieri a Milano. Così, quando gli si chiede quale peso ritiene possa raggiungere la sua corrente nel partito, risponde prima con una battuta - «il mio dietologo mi ha dato un’ottima cura» - riferita con palese soddisfazione ai 20 chili persi in questi mesi; concludendo poi il suo pensiero più politicamente, sostenendo che «il problema non è il peso della mia corrente, il problema è il futuro della destra. Noi assistiamo a un tesseramento che, per carità, sta facendo affluire nelle casse del partito diversi milioni di euro, e questo ci fa piacere, però mi sembra eccessiva l’inversione di tendenza con meno voti e più iscritti. Non si è mai visto, da nessuna parte. Bisogna fare le cose seriamente - prosegue l’ex ministro della Salute ed ex presidente della Regione Lazio - gli iscritti non possono solo essere contati, ma devono finalmente poter contare».
Quindi, Storace passa a spiegare il programma della sua corrente. Detto della pre-necessità di convocare il congresso, si ripromette di «fissare i paletti della destra» perché «non siamo la corrente dei negazionisti del dinamismo della politica. L’abbiamo già dimostrato a Fiuggi, sciogliendo il Msi per fondare An. Ma allora Fini ci chiese di abbandonare la casa del padre, non di bombardarla. Poi però succede che io il lunedì legga sul Giornale che andiamo nel Partito popolare europeo; il martedì sulla Repubblica nell’alleanza del centrodestra; e il mercoledì su Libero della nostra adesione a un partito unitario dei moderati. Ma la domenica per leggere che si fa il congresso non viene mai. Per cui io sono d’accordo a fare anche un’altra cosa, ma voglio sapere che cosa e se nella casa nuova posso portare un po’ dell’arredamento nostro. Insomma, questo è il mandato al leader che ci sarà: “Tu puoi fare tutto quello che vuoi, ma a queste condizioni”. E credo che questo sia politicamente corretto».
Storace riceve l’appoggio di Daniela Santanchè, applauditissima al suo arrivo in una sala che dimostra di averne mal digerito il «licenziamento» in tronco da parte di Fini. «Noi diciamo semplicemente quello che tutti sussurrano», spiega la deputata di An.
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