La storia di Alina, diciottenne ucraina che non riesce ad avere il visto italiano

Sembra un altro caso-Maria, forse, se possibile, ancora più grave perché provocato dall’inefficienza delle strutture e del governo italiano.«Salvate Alina - grida disperata una coppia di Mallare, in Valbormida -. Per noi è come se fosse nostra figlia. In Ucraina rischia di diventare una prostituta o una spacciatrice. Chiediamo al ministero degli Interni e degli Esteri che le diano il riconoscimento di motivo umanitario». I coniugi Anna Grenno, insegnante al liceo di Savona, e Giovanni Bevilacqua, ex insegnante ora in pensione, che da anni ospitano la ragazza durante l’estate, hanno seguito l'iter per l'adozione, che si sarebbe però incagliato su un visto che dovrebbe essere emesso dal consolato italiano per consentire il rientro della ragazza in Italia. Alina, che finora ha vissuto in un orfanotrofio in Ucraina, a dicembre compirà 18 anni e secondo quanto spiegato dalla coppia non potrà più essere ospitata nell'orfanotrofio dove ha trovato ricovero fino ad oggi e con la maggiore età dovrebbe andare in quello che in Ucraina viene chiamata una «casa del popolo». «Chiamiamo da mesi il consolato, ma senza successo - raccontano - abbiamo mandato fax, raccomandate, lettere dell'avvocato, ma niente. Ci siamo rivolti al ministero e dovunque senza risultato.

È una situazione paradossale. Abbiamo già presentato la fideiussione bancaria e l'assicurazione per garantire l'impegno, ma questo visto ci viene negato senza spiegazioni. Dal consolato dicono che sono oberati dal lavoro e nulla più».

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