La grande fuga di Dieter Dengler: il pilota prigioniero del Laos

La straordinaria storia del pilota e prigioniero di guerra Dieter Dengler, fuggito dai comunisti del Laos

La grande fuga di Dieter Dengler: il pilota prigioniero del Laos

"Non sai cosa sia la libertà finché non sei sfuggito alla cattura comunista". Esordì così il tenente di vascello Dieter Dengler, 28 anni, sopravvissuto alla Guerra del Vietnam e alla grande fuga che lo vide protagonista di una devastante odissea nel Sud-est asiatico.

Quando gli americani della 8ª Forza Aerea bombardavano a tappeto la Germania, Dieter Dengler, che non perderà mai il suo persistente accento tedesco, era un bambino di soli sei anni originario di Wildberg, una cittadina ai margini della Foresta nera. Nome da favola teutonica. Tutto si potrebbe pensare di un simile approccio alla vita, tranne che lo stesso bambino volesse "..sganciare napalm per vivere". Cito un vecchio film di Hollywood che invece colpì molto il sottoscritto in tenera età, L'uomo senza volto, dove viene ben inserito il sonetto scritto di un altro pilota di guerra per raccontare cosa provano gli uomini che guadagnano le ali quando danzano nel cieli più alti sui loro aeri da combattimento: High Flight di John Gillespie Magee.

Dengler voleva diventare uno di loro. Dopo aver letto su una rivista che lo Zio Sam cercava piloti, era emigrato in America senza un soldo e senza la preparazione adeguata per ottenere il brevetto che si sarebbe rivelato un obiettivo ben più complicato e distante di quanto pensasse. Mai immaginato che una volta raggiunto quell'improbabile traguardo sarebbe stato mandato subito in missione di combattimento, in una terra distante sconosciuta. Per essere abbattuto e diventare, dopo la cattura, sei mesi di prigionia e torture, il primo aviatore statunitense ad essere fuggito da un campo per prigionieri di guerra durante la Guerra del Vietnam.

Un pilota abbattuto nei cieli del Laos

Era il 1° febbraio 1966 quando l'A-1 Skyraider del tenente Dengler venne abbattuto nei cieli del Laos durante una missione di bombardamento "segreta"; dal momento che gli Stati Uniti erano formalmente in guerra con il Vietnam del Nord, ma conducevano missioni di bombardamento e azioni di sabotaggio lungo tutto il sentiero di Ho Chi Minh, in Laos e Cambogia, per tagliare le linee di rifornimento alimentate da sovietici e cinesi.

Quando era salpato sulla portaerei Uss Ranger, Dengler non sapeva nemmeno dove fossero di preciso il Golfo del Tonchino e il Vietnam. Si era limitato a eseguire gli ordini come pilota da combattimento del Va-145, uno squadrone d'attacco che si era addestrato in Texas volava sui cacciabombardieri ad elica Skyraider. La portaerei su cui era imbarcato aveva raggiunto da pochi giorni della "Yankee Station", un punto con coordinate fisse nel Mar Cinese Meridionale, al largo delle coste del Vietnam, dove stazionava parte della flotta della Marina degli Stati Uniti. Da quelle coordinate, Dengler decollò per sua prima missione. Una "missione segreta" in una guerra parallela.

Come parte di una formazione di 4 cacciabombardieri, aveva ricevuto l'ordine di colpire obiettivi nel Laos, ma durante l'incursione in territorio nemico, per raggiungere un obiettivo secondario, venne bersagliato dalla contraerea e costretto a un atterraggio d'emergenza.

Prigioniero di guerra

Sopravvissuto allo schianto in una risaia, il giovane pilota tentò in vano di segnalare la sua posizione, venendo catturato da una pattuglia del Pathet Lao il giorno successivo al suo arrivo nel Laos. Dopo essere stato condotto di villaggio in villaggio, tentando una prima fuga e venendo catturato e torturato per vendetta, venne tradotto in campo di prigionia nascosto nel cuore della giungla laotiana. La presenza di altri sei prigionieri, il tenente dell'aeronautica militare Duane Martin, un pilota di elicotteri di soccorso abbattuto nel settembre 1965; Eugene DeBruin, un membro dell'equipaggio di Air America che si era lanciato con il paracadute da un cargo in fiamme nel settembre 1963 insieme a tre civili thailandesi e in cinese, gli rese subito chiaro quanto tempo potesse durare la sua prigionia.

Il tenente Dengler, che aveva imparato tecniche di sopravvivenza da giovane nella Germania devastata dalla guerra, e si era distinto durante il corso di sopravvivenza per i piloti della Marina - dove era fuggito due volte dal finto campo di prigionia gestito dagli istruttori e sorvegliato dai Marines - decise di tentare la fuga all'inizio dell'estate. Sopportando le privazioni e le condizioni inumane imposte dai suoi carcerieri. Pare che gran parte della suo integerrimo spirito di sopportazione, fosse dovuto al forte legame che aveva instaurato con il nonno materno, Hermann Schnuerle, un uomo che si era rifiutato di votare per il Partito Nazista, e che per questo era stato trascinato per le strade della sua città natale con cartello al collo, per essere esposto al pubblico ludibrio prima d'essere mandato in un campo di lavoro. Dengler attribuì alla determinazione del nonno la sua grande ispirazione durante i giorni di prigionia in Laos.

Una figura che in qualche modo aveva sostituito quella del padre che non aveva mai conosciuto davvero, poiché caduto sul Fronte orientale nel 1944.

Una probabilità su un milione

Dopo mesi di torture e vessazioni, privo di scarpe, e ridotto a uno scheletro umano, Dengler pianificherà assieme ai suoi compagni un piano di fuga che avrà successo. Almeno per lui. Con un fucile automatico Ak-47, si darà alla macchia nella giungla per quasi 23 giorni con Duane Martin, che verrà ucciso da in contadino laotiano con un machete.

Dopo aver lottato con la fame e fatica, la pioggia e le sanguisughe. Ridotto a pesare appena 45 chilogrammi e inseguito da un orso che lui ormai considerava un suo "amico", ma più probabilmente lo aveva puntato come una possibile preda, Dengler era a un passo dalla morte quando il destino volle che proprio un altro pilota di Skyraider, lo stesso aereo sul quale volava lui, notò il drappo bianco che agitava disperatamente, mentre votato alla morte giaceva sulla sponda del fiume a cui si era abbandonato nel tentativo di raggiungere il Mekong.

Il pilota che segnalò la posizione alle squadre di soccorso, non era sulla sua rotta originaria, e lo notò per puro caso, dicendo che si trattò di una "probabilità su un milione".

Un "rapimento" per tornare alla base

Salvato formalmente dall'Aeronautica, Dengler venne in seguito "rapito" da una squadra di Seal che lo portarono via dall'ospedale per trasportato in aereo sulla Uss Ranger dove era stata allestita una festa di bentornato. Poco dopo venne rimpatriato.

I traumi per quella terribile esperienza non lo abbandonarono mai completamente, ma il suo carisma e il suo magnetismo non gli impedirono di vivere una vita piena, come uomo e come pilota di linea per la civile Twa. Si sposò tre volte, sopravvisse ad altri 4 indicenti aerei come collaudatore, rilasciò dozzine di interviste e tornò anche in Laos per visitare i luoghi della sua grande avventura. Gli uomini del Pathet Lao lo accolsero come una celebrità. Purtroppo l'epilogo di questa storia non è lieto come vorremmo. Anzi, potrebbe addirittura suscitare lo sdegno di quanti non concepiscono l'autodeterminazione di un uomo libero.

Nel 2000 Dieter Dengler scopre di soffrire del morbo di Lou Gehrig, più comunemente nota come Sla, la Sclerosi Laterale Amiotrofica, una malattia neurodegenerativa incurabile che già nel primo anno lo priva di alcune delle più naturali capacità, come mangiare autonomamente o riflettere ed esprimersi in modo sempre coerente. Per timore del suo destino di prigioniero di una malattia, il 7 febbraio del 2001 impugna la sua pistola d'ordinanza e mette fine alla sua vita. Lo scrittore Bruce Henderson, autore del libro Hero Found, scrisse di lui: "..Un ragazzo cresciuto in Germania nella speranza di pilotare aerei è morto da eroe americano".

Dieter Dengler oggi riposa presso il cimitero militare di Arlington a Washington, dove è stato sepolto dopo aver ricevuto tutti gli onori militari che si possono concedere un eroe di guerra. Il giorno del suo funerale una formazione di jet della Marina degli Stati Uniti eseguirono per lui la manovra Missing man.

La stessa che è stata eseguita nei giorni scorsi sulla Casa Bianca come tributo alla scomparsa del maggiore Maciej Krakowian, il pilota polacco morto a Poznań la scorsa settimana. Perché tra piloti non c'è differenza di bandiera, fuorchè in combattimento.

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