Nel pieno della Guerra Fredda, l’Unione Sovietica sviluppò un progetto ambizioso: un sistema di difesa pensato per proteggere i propri missili intercontinentali da un attacco nucleare. Il programma, noto come Mozyr, mirava a creare una cupola cinetica capace di abbattere le testate in arrivo con una scarica di dardi metallici. Un concetto radicale, concepito quando la sopravvivenza del deterrente strategico terrestre rappresentava la chiave della stabilità nucleare globale.
Cosa sappiamo
Il programma Mozyr, designato ufficialmente come Izdeliye 171, nacque nella seconda metà degli anni Settanta sotto la supervisione diretta del ministro della Difesa Dmitrij F. Ustinov, una figura centrale della politica militare sovietica. L’incarico fu affidato al KB Mashinostroyeniya di Kolomna, nei pressi di Mosca, coinvolgendo oltre 250 imprese e 22 ministeri statali.
L’obiettivo era tanto semplice quanto audace: creare un sistema capace di intercettare testate balistiche in fase discendente, proteggendo i silos dei missili R-36M2 Voevoda (conosciuti in Occidente come SS-18 Satan). L’apparato prevedeva un lanciatore multi-canna, secondo le fonti, da 80 fino a diverse centinaia di tubi, ognuno caricato con proiettili in acciaio o tungsteno, propulsi da cariche esplosive per formare una densa nuvola di dardi.
Il sistema integrava radar di scoperta, guida automatica e calcolo balistico computerizzato. Il cuore tecnologico era la capacità di calcolare in tempo reale la densità ottimale della scarica, la direzione di tiro e l’angolo d’impatto, tutto con intervento umano minimo. L’intercettazione si basava sulla pura energia cinetica: i proiettili, muovendosi a velocità relative di circa 6 km al secondo, erano in grado di distruggere una testata per semplice impatto meccanico, senza bisogno di esplosivi.
Sperimentazione in Kamčatka: quando la notte diventò giorno
Il sito scelto per i test fu il poligono di Kura, nella penisola di Kamčatka, a circa 12 miglia dal vulcano Shiveluch. I lavori di costruzione iniziarono nel 1984 e richiesero circa 250 voli cargo per trasportare il materiale necessario. Nel complesso sperimentale fu ricreato un silo missilistico e un centro di comando posto a circa 6 chilometri di distanza.
Tra il 1985 e il 1988 furono eseguite numerose prove, utilizzando missili R-36 dismessi come bersagli, lanciati dai cosmodromi di Plesetsk e Baikonur. Il sistema di rilevamento impiegava il radar 5N65 “Flat Twin”, un’antenna a scansione elettronica derivata dal più ampio sistema anti-missile sovietico 5K17.
Le testimonianze tecniche e visive descrivono una scena impressionante: “nel cielo notturno, un lampo improvviso, poi una luce intensa che per alcuni secondi trasformava la notte in giorno. Era la traccia del bersaglio colpito dai proiettili di Mozyr”. Le analisi successive confermarono che l’impatto diretto rendeva altamente improbabile l’innesco di una detonazione nucleare. Tuttavia, nel settembre 1991, con la dissoluzione dell’URSS e la crisi economica conseguente al fallito golpe di agosto, il progetto fu ufficialmente interrotto, nonostante i buoni risultati ottenuti.
Eredità strategica di una "difesa cinetica a corto raggio”
Il programma Mozyr rappresentò un tentativo unico di applicare la logica dei sistemi di protezione attiva, già in uso per i carri armati, al dominio strategico nucleare. Sotto il profilo giuridico-internazionale, il progetto si muoveva ai limiti del rispetto del Trattato ABM del 1972, che consentiva la protezione limitata di una sola area strategica, ma non esplicitava il divieto di sistemi difensivi locali per i silos.
Oggi, con la fine del Trattato ABM (2002) e la ripresa della competizione strategica tra le potenze nucleari, l’idea di una difesa “cinetica a corto raggio” è tornata di interesse. Un’analisi pubblicata di recente su War Zone ha evidenziato come soluzioni di questo tipo possano rappresentare un complemento economico ai costosi sistemi di intercettazione missilistica, specie di fronte alla moltiplicazione delle testate multiple indipendenti (MIRV) e alle nuove contromisure ipersoniche.
Nello scenario attuale, con gli Stati Uniti impegnati nel programma LGM-35A Sentinel, la modernizzazione dei Trident D5 e la Cina che amplia la propria forza silo-based, un sistema ispirato a Mozyr potrebbe teoricamente offrire una protezione ultima linea per i siti di lancio fissi. Tuttavia, le tecnologie moderne, dalle contromisure decoy ai veicoli plananti ipersonici, rendono estremamente difficile una difesa efficace contro un attacco su larga scala.
In conclusione, il progetto Mozyr rimane una delle più affascinanti testimonianze della corsa tecnologica tra superpotenze: una soluzione ingegnosa,
concepita per trasformare la vulnerabilità statica dei silos in un bastione attivo di autodifesa. Un esperimento al confine tra ingegneria e strategia, che ancora oggi illumina la storia nascosta della deterrenza sovietica.