Lo storico scomodo «Scrissi un libro, nessuno mi cerca»

Ha scritto un libro su quei fatti. Ha scritto un libro facendo lavoro di ricerca storica, di analisi degli archivi dei giornali dell’epoca. E di raccolta di testimonianze dei protagonisti. Un saggio, «Genova 1960. La rivolta nelle parole di chi c’era», edito da Fratelli Frilli nel 2002. Ma oggi Alessandro Benna non è stato chiamato a contribuire alla ricostruzione di quei giorni. Forse perché la sua posizione non è così allineata? «Se non posso dirmi di sinistra, visto che oggi è persino difficile capire cosa è la sinistra, di certo non sono di destra - premette subito Benna - Nel lavoro fatto insieme a Lucia Compagnino abbiamo mantenuto il rigore storico, le testimonianze sono quelle dei manifestanti. A quella di un poliziotto che era sul punto di contribuire con la sua esperienza abbiamo rinunciato quando abbiamo capito che per lui anche ricordare era una ferita che si riapriva».
Insomma, non era un saggio fascista. Eppure già il fatto di essere super partes, probabilmente è troppo per chi di quel 30 giugno deve dare una testimonianza ben precisa. «Certe ricostruzioni sono sempre state fatte da una parte che poi è la stessa che aveva dato vita a quegli eventi - conferma Alessandro Benna - Ricordo che presentai il libro alla festa dell’Unità e feci un accenno al fatto che nel 1960 veniva impedito un congresso del Msi, oggi Luciano Violante è protagonista al congresso di An. Era un modo per sottolineare come cambiano i tempi e la storia.

Mi resi conto che fu una battuta sgradita. Il revisionismo è sempre pericoloso, a prescindere dal colore che ha». Ed è sempre meglio evitare che la realtà possa emergere tutta. Così chi scrisse un saggio su quella rivolta, oggi non trova spazio.

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