Storie La città liberata delle suore partigiane

Conventi di clausura aperti a ebrei e perseguitati politici. Reti clandestine di aiuto che organizzavano la fuga in Svizzera degli antifascisti. Suore diventate «staffette» e agenti anti-occupazione. La Resistenza dei religiosi, il contributo che sacerdoti e suore hanno dato alla Liberazione, è una pagina di storia in gran parte ancora da scrivere e da studiare.
Un pagina di silenzioso eroismo. La Lombardia durante l’occupazione contava 6mila preti, un terzo dei quali a Milano. Centinaia le comunità religiose: addirittura 762 quelle femminili, per oltre 800 parrocchie. In questo mondo furono molti gli episodi di valore. Per lo più oscuro, occasionale o organizzato per esempio con la rete Oscar, l’opera scoutistica di aiuto ai ricercati. Storie - ricostruite dai documenti consultabili in questi giorni all’Ambrosianeum - come quella di Teresa Scalpellini e suor Giovanna Mosna, infermiere all’ospedale di Niguarda. O di madre Donata, superiora delle Poverelle dell’istituto Palazzolo di Milano, scoperta e incarcerata a San Vittore.

Nel carcere in cui operava suor Enrichetta Alfieri, che salvò decine di ebrei e perseguitati, forse un centinaio. A Casa Nazareth le dorotee ospitarono il comando dei Volontari della Libertà, dando rifugio anche a Raffaele Cadorna. Oggi sarebbe giusto ricordare anche loro.

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