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Storie ed emozioni spiate da una veneziana

Spesso girano il mondo senza nutrire un particolare legame con i porti ove approdano. Altre volte, invece, opere e mostre vi generano o svelano intese, e molto raccontano anche di chi le ha volute e «coccolate» tra attenzioni e dettagli. È questo il caso della mostra personale dedicata a Mauro Mauri (1945-2001) negli spazi di Gianfranco Rovani a Quinto al Mare (via Gianelli 100 R, Genova, fino al 30 aprile). Non solo per il rapporto di stima e amicizia che legava l'artista goriziano allo scalpitante Rovani, ma per come il carattere delle opere si ritesse naturalmente a quanto di cui lo spazio è motore propulsivo da tempo. In mostra una selezione di lavori che corrono lungo l'arco di un decennio. E non uno qualunque: quegli anni '80 che vedono l'artista, dopo esperienze nella Nuova Figurazione e un avvicinamento alla rarefazione del segno, trovare il proprio lessico. Un linguaggio denso, capace di coagulare il tumulto di una città che ha superato nella sua folle corsa futurista il giro di boa del postmoderno per cogliere nel suo grembo parole, fumetti e graffiti. In sintesi i ruggiti di una contemporaneità che è possibile sentire solo nel suo stesso corpo: e questo è frammento, interruzione, pausa, accelerata improvvisa. Visione mutevole, stridere metallico tra albe di piombo e mezzogiorni dalle nubi acide, e preludio di notti al neon fatte per gridare, ma non più contro il chiaro di luna. Ed ecco la visione ordinarsi per lame che tracciano interstizi. Moduli pittorici cesellano luci, suoni e vite dirompenti, che sembrano scalpitare tra un asse e l'altro di una persiana o di una veneziana. Moduli-diaframma che dopo essersi saziati della pittura cercano una via d'uscita nell'aggetto facendosi scultura, quasi totem. La tela si moltiplica per diventare struttura, ma poi si rifrange su se stessa e torna a stendersi sull'orizzonte in nuove visioni. La griglia di Mauri, più dichiarazione identitaria che cifra stilistica, torna allo spazio illusivo della pittura assottigliandosi. Si moltiplica diventando filtro, quasi lapis con cui procedere all'appropriazione di quella vita così invadente. Cancellandone per quanto possibile colori e suoni per rettificarne gli eccessi, diventando atmosfera che tutto ovatta. Nebbia, ma di graffi su lavagna, di una vita guardata da sicuro e non gremita dai passi oltre la porta. Così le opere di Mauri narrano di esistenze che nel consumarsi sono. E di altre che nel comprenderlo e nel cercare, forse, di sanare tanta energia dispersa, altrettanto sono. Il tutto nello spazio di Gianfranco Rovani, che proprio in quegli anni '80 della maturità di Mauri fa di vita, storia e arte passione e civile battaglia. Da combattere a suon di mostre, incontri e libri dalla propria roccaforte a Quinto al Mare, punto di partenza e ritorno da ogni campagna. Da aprire al mondo e difendere da chi non ne vuole riconoscere il carattere. Rovani gallerista, dunque, che invita artisti del calibro di Alinari, Guidi, Licata e Bueno a Quinto per svegliarla dal suo splendido torpore di centro incuneato tra monti e mare tra inaugurazioni e striscioni appesi per strada. Rovani studioso fiero dei suoi illustri natali, che lo vedono discendere da Giuseppe Rovani, padre della Scapigliatura milanese. Rovani memoria storica di Quinto, che non si stanca di ricordare quanti qui sono nati e a volte tornati spingendosi nel frattempo per il mondo alla conquista del proprio destino. Dal quartetto che ha dato il via alla riforma liturgica formato da Mario Righetti, monsignor Moglia, il cardinale Lercaro e suo fratello fino ai capitani che all'inizio del '900 doppiano Capo Horn. E ancora l'ingegner Della Ragione, mecenate di Guttuso, Mafai e Treccani, e gli onorevoli Biondi e Cattanei. Su tutti, il viaggiatore cui nel '92 Rovani ha dedicato un libro che già nel titolo era e resta manifesto «Cristoforo Colombo il genovese di Quinto» in nome del quale aveva già tenuto a battesimo Columbus de Terra Rubra.

Associazione che non si stanca di lavorare per la sua città, quella Quinto al Mare che a maggio, ad esempio, vedrà presentare una nuova pubblicazione in occasione del 5° centenario della morte di Cristoforo Colombo. Ancora una volta non per vezzo o semplice orgoglio ma in nome di una storia e di un'appartenenza che vogliono essere bene collettivo.

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