Come medico, Gino Strada - il fondatore di Emergency - è coraggioso. Come diplomatico, una frana. Gli afghani arrestano tre dei suoi, li sospettano di complicità con i talebani e di attentare al governatore filoccidentale, Mangal. E Strada che ti fa? Insulta chi li tiene prigionieri. Di Mangal dice: «È il cretino di turno che non conta assolutamente nulla». Quanto al governo del primo ministro Karzai, sdottora: sono briganti colpevoli di avere, non già arrestato, bensì «rapito» i cooperanti «nella peggiore tradizione terroristica». Vi sembra il modo più intelligente per rasserenare gli animi e chiarire i fatti? Ovviamente, no. Gino fa solo il bullo che, nella fattispecie, rima con grullo.
Strada è fatto così. Ogni volta che interviene in Afghanistan combina pastrocchi. Nel 2007 si intrufolò nella trattativa sul giornalista di Repubblica Daniele Mastrogiacomo sequestrato dai talebani. Fu l'allora ministro degli Esteri, Max D'Alema, di cui Strada era consulente alla Farnesina, a dargli via libera. Per la prima volta, uno Stato occidentale affidava una simile missione a un privato, esautorando la diplomazia. L'esito fu catastrofico. Mastrogiacomo ebbe salva la vita ma furono sgozzati il suo autista e l'interprete afghano. In più, il governo Karzai fu costretto a liberare cinque tagliagole talebani. Ne uscimmo con le ossa rotte, additati al ludibrio mondiale per avere ideato l'operazione. Gli alleati osservarono indignati che, mentre i loro soldati morivano per spedire in galera i terroristi, l'Italia li faceva uscire per liberare un cronista. Karzai fece la figura del pirla. Da allora considera Emergency e il suo fondatore come un'appendice talebana. Non ha tutti i torti, se si considerano le personali convinzioni del sessantaduenne chirurgo milanese.
Antioccidentale e terzomondista, Strada è un incallito odiatore degli Usa e di Israele. Un cenno al suo credo geopolitico ci aiuterà a capire. Dice: «Tra Bush e Hitler le analogie sono evidenti». Oppure: «Osama Bin Laden e Bush sono più o meno lo stesso. Tra i due non si saprebbe chi scegliere. Sono entrambi terroristi». Il dottore non distingue tra chi provoca l'attentato dell'11 settembre e chi reagisce all'aggressione con la guerra afghana. Perciò: «È un dovere morale essere contro gli Usa, l'Occidente, la coalizione di cui l'Italia fa parte». Poi, si meraviglia se Karzai gli dà del talebano. Altre perle: «Gli Usa hanno praticato sistematicamente il terrorismo di Stato provocando centinaia di migliaia di vittime in tutti i continenti»; «Affermare che l'America è una democrazia è un insulto: basta chiederlo alle migliaia di desaparecidos arrestati dopo l'11 settembre (a chi si riferisca è ignoto, ndr) e ai prigionieri di Guantanamo».
Con questo armamentario ideologico, Gino è diventato il cocco dei pacifisti nostrani. Non a caso nella elezione 2006 per il capo dello Stato, alcuni parlamentari di quella parrocchia hanno scritto il suo nome sulla scheda. Il dottore ha dei fan anche tra i cattolici. Per i Gesuiti è un santo laico. Una loro rivista, Popoli, si sdilinquisce: «In valigia gli attrezzi chirurgici e la solita immensa solidarietà». Bravissimi nel darsi la zappa sui piedi, i seguaci di Sant'Ignazio fingono di ignorare la posizione di Strada sul Darfur. E questo per dei cattolici urla vendetta davanti al Creatore.
Si sa che nel Sudan Occidentale - il Darfur, appunto - è in corso uno sterminio islamico delle popolazioni cristiane: 400mila trucidati; 2,5 milioni di sfollati. Médecins sans frontières - l'omologo francese di Emergency - fa un appello al giorno contro la carneficina. Recentemente il Tribunale dell'Aja ha spiccato mandato di cattura per genocidio contro il ras sudanese, Al Bashir. L'ineffabile Strada ha invece preso le difese del satrapo islamico e aperto un ospedale nella capitale Karthoum. Facendolo ha detto: «La storia del genocidio è un'invenzione totale. In Sudan e Darfur ci sono grossi problemi umanitari. È in corso una guerra tribale ma nessun genocidio. Un genocidio non ti può sfuggire fisicamente. Come fai a non vedere 50mila morti?». Dunque, gioca anche con i numeri. E, non contento, aggiunge che gli occidentali si occupano del Darfur solo perché lì c'è il petrolio. Stantio ritornello terzomondista già usato per Irak e Afghanistan. Accecato dall'antiamericanismo, Strada nega ciò che è sotto l'occhio di tutti. Una sola volta, messo alle strette, ha annunciato - bontà sua - l'apertura di un ospedale anche nel Darfur. Ignoro se abbia poi mantenuto la promessa.
Gino è un comunista dalla cervice all'alluce. Nato nella rossa Sesto San Giovanni, è l'unigenito di Mario, operaio alla Breda, e di Pina, operaia della Osva. Iscritto alla facoltà di Medicina della Statale di Milano, entrò nel Movimento studentesco, attratto dalla sua ala più brutale, quella dei «katanghesi». Un mezzo migliaio di ceffi che si dichiaravano marxisti-leninisti o, in base ai gusti, stalinian-maoisti. Il capo politico della genia era il nostro attuale collaboratore, Mario Capanna. Quello militare, Luca Cafiero. Oggi settantenni, sono stati entrambi deputati del Pdup. Prima degli scontri con la polizia, capi e gregari urlavano ritmicamente: kata-kata-katanga.
Gino era il vice di Cafiero e guidava i mazzieri del gruppo Lenin, quello di Medicina. Si distinse per zelo militante. I suoi portavano l'eskimo di ordinanza e il casco da combattimento. In tasca avevano le «caramelle», cioè i sassi da scagliare contro i poliziotti, e la «penna», ossia la chiave inglese lunga mezzo metro. La usavano in battaglia e, in caso di arresto, per dire al giudice: «Passavo di lì, mentre andavo a fare un intervento come idraulico» e farsi assolvere con tante scuse dal complice in toga.
L'idolo di Gino è stato Norma Bethune, un canadese degli anni '30 del Novecento, che lasciò il comodo ospedale di Montréal per partecipare alla lotta civile spagnola come chirurgo delle Brigate comuniste. Poi, per il resto della vita, fu medico nei teatri di guerra del vasto mondo. Seguendo il modello, Strada si specializzò in medicina d'urgenza. È stato in Sud Africa con Barnard, il decano dei trapiantologi, e negli States per perfezionarsi. Perse di vista il primo e rinnegò i secondi.
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