Di solito si usa l'anidride carbonica e in un attimo, dopo appena un giorno di vita, i pulcini finiscono gasati. In alternativa ci si affida alle macchine, cassonetti d'acciaio con delle lame affilatissime che in pochi istanti triturano i piccoli animali fino a farne poco più che una poltiglia. Questi sono i metodi consentiti dalla legge. Poi capita che di tanto in tanto qualche associazione animalista denunci il titolare di un allevamento: l'anno scorso è successo in Franciacorta, dalle parti di Brescia. I pulcini venivano uccisi un po' come capitava: soffocati, annegati, buttati per terra e schiacciati con i piedi come fossero acini d'uva.
Il problema è che i piccoli batuffolini colorati, la delizia di bambini e cuori teneri, se sono maschi non servono a nulla. Per le aziende agricole sono solo una voce di costo. In Italia se ne ammazzano almeno 30 milioni all'anno, forse di più. Il calcolo è un po' controverso ma non difficile e riguarda soprattutto i piccoli delle cosiddette galline ovaiole. Le pollastre addette alla produzione di uova negli allevamenti italiani sono secondo le cifre ufficiali 42 milioni; di solito campano 15/16 mesi in cui lavorano a tempo pieno (la media è di poco più di 300 uova l'anno) dopo di che diventano carne da tavola. In pratica ogni anno 30/35 milioni di galline giovani sostituiscono le sorelle maggiori e visto che la percentuale di nuovi nati si distribuisce al 50% circa tra maschi e femmine, gli allevatori devono fare ogni anno i conti con 30/35 milioni di pulcini maschi. Non più del 23/24% viene allevato per la carne; a prima vista una percentuale bassa ma che ha una spiegazione. I polli da carne sono geneticamente selezionati per garantire il massimo rendimento: in pratica sono macchine che trasformano il nutrimento in petti e cosce ben tornite (vedi anche l'altro articolo in pagina). Ma le cose sono diverse per le galline da uova che sono selezionate, appunto, per le uova, e la cui crescita è molto più lenta. Così i costi si alzano e gli allevatori per non perderci devono alzare i prezzi. Ma così è difficile vendere.
MACABRO CONTEGGIO
L'alternativa ragionevole ed economicamente sensata è quella di uccidere i pulcini maschi appena se ne scopre il sesso. A loro si aggiungono i pulcini degli allevamenti da carne scartati per qualche difetto che ne pregiudica la crescita. Di somma in somma si arriva (e forse si supera) la cifra citata dei 30 milioni. Non è certo un fenomeno italiano e anzi, il macabro conteggio vale più o meno in termini identici in ogni Paese. Tra Svizzera e Austria i pulcini uccisi subito dopo la nascita sfiorano i 15 milioni. In Germania superano i 45. E si potrebbe continuare.
La strage si ripete anno dopo anno da quando è andato affermandosi il modello dell'allevamento industriale. La novità, però, è che all'estero, nel corso degli ultimi mesi, governi e associazioni di produttori e consumatori hanno deciso di dire basta. L'ultima notizia arriva dagli Stati Uniti ed è di poche settimane fa: la Uep, la più grande associazione statunitense di produttori (si parla di qualcosa come 80 miliardi di uova in un anno) ha firmato un accordo con gli animalisti della «Human League». Obiettivo, come ha detto il presidente degli allevatori americani: «Porre termine con una storica decisione a una pratica barbarica». In pratica saranno delle macchine a stabilire il sesso dei pulcini e il tutto avverrà a uova freschissime, quando ancora il sistema nervoso del pulcino non sì è sviluppato e lo smaltimento (le uova scartate verranno utilizzate nell'industria alimentare o come mangime animale) avverrà con la sicurezza di non causare sofferenza alcuna. E la sensibilità sul tema è tale che già prima del recente accordo molti marchi del settore (il più grande era il colosso Unilever con i suoi prodotti a brand Ben&Jerry) pubblicizzavano i loro prodotti, sottolineando che provenivano da allevamenti dove nessun pulcino veniva ucciso. Quanto all'Europa è la Germania ad avere affrontato di petto il problema della strage. Il tema è regolato da alcuni norme comunitarie che consentono l'uccisione per motivi economici cercando di ridurre al minimo le sofferenze degli animali. «La fonte principale è una direttiva del 1999 che prevedeva due passaggi attuativi, uno nel 2003 e uno nel 2013», spiega Roberto Bennati, vice presidente della Lav. «La Germania, però, ha deciso di andare oltre». Berlino ha stabilito, con un provvedimento del ministro dell'Agricoltura, di rendere più severe le normative interne rendendo illegale «per motivi etici», l'uccisione dei pulcini a partire probabilmente dal 2017. I tempi ancora incerti dipendono dallo sviluppo della tecnologia scelta per la diagnosi precoce.
SVOLTA TECNOLOGICA
Sia il modello americano sia quello tedesco si basano sullo stesso principio, quello della spettroscopia. In pratica una specie di macchina a raggi X esamina le uova appena sono state deposte. Già dalle prime ore la presenza di cromosomi maschili o femminili determina un diverso sviluppo dei vasi sanguigni all'interno dell'uovo. Attraverso un loro esame si può procedere alla determinazione precoce del sesso. Ancora però non tutti dettagli sono al posto giusto. Berlino ha avviato una sperimentazione per verificare alcuni punti che appaiono per il momento controversi: il grado di errore della metodologia e i possibili danni al prodotto. Si sta lavorando anche sui tempi richiesti dall'apparecchiatura. Attualmente l'analisi di un uovo richiede dai 15 ai 20 secondi. Sembrano pochi, ma possono diventare troppi, specie se si considerano le dimensioni di molti moderni allevamenti. Per questo si cerca di portare i tempi previsti sotto i 10 secondi. In altri Paesi, come l'Austria, la strada scelta per difendere i pulcini è quella di favorire l'allevamento di polli «a doppio uso», galline ovaiole con tassi di crescita però che rendano conveniente l'allevamento e non l'uccisione dei maschi.
In Italia non sono in vista novità istituzionali rilevanti, ma anche gli allevatori del nostro Paese guardano a questo tipo di sperimentazioni. «I primi interessati a migliorare il trattamento dei pulcini siamo noi», spiega Stefano Gagliardi direttore generale dell'Assoavi, la maggiore associazione di produttori di uova. «Dobbiamo essere sicuri però che gli investimenti necessari non vadano sprecati. Tecnologie come quelle all'esame in Germania hanno ancora margini di errori molto alti per essere applicate su larga scala. Le stiamo studiando con il ministero della Salute, ma non possiamo fare fughe in avanti».
BILANCI A RISCHIO
Su questo, come su altri problemi, gli allevatori italiani si trovano tra l'incudine e il martello. Da un parte la necessità di rispettare normative e standard «etici» rigorosissimi, in linea con una sempre più diffusa sensibilità animalista. Dall'altra l'esigenza di vedersela sul mercato con produttori e concorrenti che a questi standard prestano poco o nulla attenzione. In Argentina un chilo di uova costa al produttore l'80% che nell'Unione Europea, in India il 72%, in Ucraina il 71%. Negli ultimi anni gli allevatori dell'Unione europea hanno dovuto adeguarsi a nuove stringenti normative sulle gabbie degli allevamenti: addio a quelle tradizionali, via libera alle cosiddette gabbie modificate o arricchite, con più spazio per gli animali, mangiatoie più grandi, due abbeveratoi e un nido. «Ai produttori italiani queste modifiche sono costate 600 milioni di euro», sospira Gagliardi.
La legislazione europea ha, però, una caratteristica: lega (spesso giustamente) le mani ai produttori locali, ma consente l'importazione di uova e prodotti collegati da Paesi che utilizzano metodi e strutture vietate da noi. Con tutti i relativi vantaggi di costo.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.