Picasso innanzitutto ma, anche, Toulouse-Lautrec e Georges Seurat: il rapporto fra arte e circo è a doppio senso, perché quella circense è una forma artistica e perché numerosi sono i pittori che al tendone magico si sono ispirati nelle loro opere. A questa relazione tutta speciale è stato dedicato il Festival internazionale del circo di Budapest, che si è concluso nella capitale ungherese pochi giorni fa.
Dal 26 al 30 gennaio l'appuntamento mitteleuropeo, che ha compiuto i primi dieci anni, ha visto protagonisti, oltre a funamboli e clown, anche alcuni esperti, impegnati in una tavola rotonda che l'European circus association ha appunto riservato a scoprire «come il palcoscenico del circo è stato funzionale all'arte».
Fra i partecipanti Antonio Giarola, regista e direttore del Cedac, il Centro di documentazione delle arti circensi con sede a Verona: «Da sempre il circo ispira pittori, scrittori e poeti; ciò che attrae - spiega - è l'unica costante dell'attività circense, il suo legame strettissimo con la precarietà dell'esistenza: nel tendone l'uomo mette sé alla prova a tal punto da rischiare la vita, come non avviene in nessun'altra forma d'arte».
Il «cerchio magico», quello che nasce già con i primi incontri intorno al fuoco, che realizzano uno spazio unico, altro, in cui qualcosa di nuovo è permesso e si crea, è una fonte di ispirazione artistica fin dall'Ottocento, ma il suo culmine è in Picasso: «È lui - racconta Giarola - che dedica opere celebri al circo e alle sue figure, soprattutto al saltimbanco, emblema della precarietà e anche della difficoltà dell'arte circense; e poi ai piccoli in bilico sui palloni, le maschere, soprattutto nel periodo rosa, all'inizio del Novecento».
I colori e i personaggi del circo conquistano anche Henri de Toulouse-Lautrec, affascinato dai colori e gli spettacoli del Circo Fernando, aperto a Parigi nel 1875 e Georges Seurat, che immortala il tendone nella sua ultima opera, incompiuta, Le cirque, del 1891, preceduta da uno Studio definitivo, dello stesso anno. C'è la festa, con la folla che assiste allo spettacolo; c'è, soprattutto, una donna, in equilibrio su un cavallo bianco, che si esibisce sotto gli occhi del pubblico e di un clown, ritratto di spalle: «Quella di Seurat è un'opera fondamentale per la storia del circo, sia per il suo capolavoro incompiuto, sia perché, già nel 1888, aveva dipinto la Parata del circo, il momento esterno, con gli artisti che fanno entrare gli spettatori all'interno della tenda; tre anni dopo si è spinto a sbirciare anche all'interno».
Poeta, pittore, drammaturgo, romanziere, un altro francese, Jean Cocteau, amico dello stesso Picasso, è attratto soprattutto dagli acrobati: «Anche Cocteau ha raccontato il circo e la sua precarietà; la figura che più lo affascinava - conclude Giarola - era quella di Babette, un uomo travestito da donna, che si esibiva su un filo: un personaggio asessuato e spirituale, come un angelo, in grado di sfidare la gravità e il rischio della morte».
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