Strana coppia «Remo il comunista e mio padre»

Che cosa lega il comunista toscano Remo Scappini a Genova e alla Liguria? E soprattutto cosa c’entra con Tullio Mazzolino, personaggio di spicco dello scudocrociato ligure ed ex assessore ai Trasporti a Palazzo Tursi?. La risposta, non si fa attendere. «Diversi i collegamenti, ma soprattutto la volontà di raccontare del capo della resistenza in terra ligure, che pur appartenendo a uno schieramento politico lontano dal mio ha combattuto per la difesa dei valori della democrazia e della libertà», chiarisce subito Mazzolino. Senza dimenticare il privato. L’ex assessore diventa così interprete sulle pagine del Giornale di episodi legati alla figura di Scappini e di suo padre Carlo, un liberale che partecipò alla Resistenza da amministratore pubblico. Non sui monti a fare il partigiano, ma dietro una scrivania a rilasciare documenti falsi ai combattenti evitando così ben più gravi conseguenze. È la storia che s’intreccia al rispetto e al senso di riconoscimento. Un passato che riemerge attraverso il personaggio Scappini, che pur diverso per ideologia, resta un punto fermo nella memoria storica di Mazzolino: «Empoli. Classe 1908 - è così che parte il racconto di Mazzolino -. Iniziò a lavorare a dieci anni prima come garzone di bottega e successivamente come operaio in una vetreria, aderendo giovanissimo ai giovani comunisti e iscrivendosi al partito assieme a Rina Chiarini sua futura moglie. Nel 1928 Scappini divenne vice responsabile del partito per la Toscana. Fu però costretto a riparare a Parigi perché ricercato dalla polizia politica del regime fascista. Studiò in Russia per circe due anni alla scuola Leninista e rientrato in Italia, durante la clandestinità fu arrestato e condannato a 22 anni di reclusione dal Tribunale Speciale. Nel 1942 fu liberato in seguito all’amnistia». E il collegamento con la Liguria? «Nel novembre del 1943 il partito lo mandò a Genova dove organizzò la guerra di liberazione, diventando presidente del Comitato di liberazione nazionale in Liguria – risponde Mazzolino -. In tale veste firmò, assistito dai rappresentanti del partito l’atto di resa delle Forze Armate Germaniche del generale Gunther Meinhold, firmato con la mediazione del cardinale Giuseppe Siri nella Curia Arcivescovile a Villa Migone il 25 Aprile del 45’. Parlare di Resistenza non significa pensare soltanto a Pertini, è opportuno menzionare anche il toscano Remo». Il ricordo diventa ancora più privato per l’ex assessore che ripensa a quando Scappini ebbe come collaboratore suo papà Carlo. «Va precisato che mio padre partecipò alla resistenza come agente “coperto” essendo allora segretario comunale di Montoggio. Aveva collegamenti diretti con il responsabile della Resistenza della valle Enrico Macciò, industriale di Busalla e produttore cinematografico. Era Macciò che dava i nomi e le generalità dei membri della Resistenza e di ricercati a mio padre, il quale provvedeva a fornire documenti falsi grazie alla sua posizione amministrativa. Questo permise a molte persone di operare per la libertà scampando alla repressione. Diversi furono gli ebrei, tra cui lo scrittore Sem Benelli, che riuscirono a salvarsi grazie al suo aiuto. Malgrado le poche notizie che mio padre mi comunicò di quel periodo – continua Mazzolino - mi piace ricordare quando si recava a Genova in Prefettura per le dovute pratiche d’ufficio, un partigiano lo seguiva perché non cadesse vittima di attentati, trattandosi di un funzionario della Repubblica di Salò. Quando poteva, faceva pervenire a un gruppo di partigiani sacchi di farina. La stessa moglie di Scappini – aggiunge - catturata dalle milizie fasciste perché sospetta di appartenere alla lotta di liberazione, non fu internata in un campo di concentramento in Germania. Il dubbio sulla sua identità, a causa del documento emesso regolarmente da un comune con tanto di firma di un pubblico ufficiale (mio padre), fece sì che la signora Rina venisse internata in un campo di concentramento a Bolzano, meno rigoroso di quelli tedeschi. Ebbe così salva la vita malgrado le sofferenze e le torture patite». Scappini nel 45’ richiamato alla direzione centrale del partito comunista, lasciò Genova e si traferì a Roma dove fu eletto deputato e poi senatore. «È tra le carte di mio padre, dopo il suo decesso nel 2000, che trovai una documento firmato da Remo Scappini come presidente del Cln dove si attestava la partecipazione di Carlo Mazzolino alla lotta di liberazione; non me ne parlò mai, anzi non utilizzò quel documento per avere riconoscimenti o favori», riferisce suo figlio Tullio. La memoria corre poi veloce al 1985 quando il partito richiamò Scappini a Genova, affinché portasse il suo contributo in Comune. «Governava la città la giunta Campart di centro sinistra, nella quale svolgevo funzioni di assessore – cita Mazzolino -. I suoi interventi? Brillanti e focosi con la verve tipicamente toscana. Ricordo che al termine di un discorso particolarmente forte, il consigliere del Pci Graziano Mazzarello lo invitò a “prenderla più bassa” preoccupato per l’età del collega o forse gli suggeriva un tono più aulico e più consono all’aula comunale. Non terminò comunque il suo mandato, a causa dell’età lasciando il posto a un giovane».

Di Scappini l’uomo di sinistra, Mazzolino chiude parlando «di un uomo che ha dedicato la sua vita all’attività politica e pubblica. Una persona che ha operato con ideali diversi, contribuendo con onestà e capacità alla vita della prima Repubblica e allo sviluppo dell’Italia come nazione democratica e moderna».

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