Settantaquattromila permessi in attesa di giudizio. Attese interminabili per chi aspetta quel benedetto foglio, indispensabile lasciapassare per poter vivere in Italia, ma anche (l'altra faccia della medaglia) una mole di lavoro insostenibile per gli uffici della Prefettura milanese.
Lasciando da parte le richieste di ricongiungimento familiare, ferme al gennaio del 2009, i numeri sono da brivido: 30mila permessi di soggiorno da smaltire del decreto flussi 2008 ancora giacenti negli uffici ai quali si sono aggiunte altre 44mila richieste della sanatoria di colf e badanti avvenuta nel settembre scorso, la cosiddetta «emersione dal lavoro nero». E per fortuna è stata un flop. Ebbene tra ottobre e dicembre i contratti di lavoro siglati tra immigrato e datore davanti allo Sportello Unico per l'Immigrazione di corso Monforte, così come prevede la legge, sono stati 900. Un po’ pochini.
Calcolatrice alla mano non è difficile prevedere che a questo ritmo l'ultimo verrebbe consegnato dopo qualcosa come 8 anni e otto mesi di attesa. Impensabile. «C'è stato un avvio un po’ lento - ammettono alla Prefettura -. Abbiamo rilasciato 900 contratti di lavoro, 40 li abbiamo respinti per mancanza di requisiti e in 50 casi né l'immigrato né il datore di lavoro si sono presentati all'appuntamento. Entro gennaio contiamo di stipulare altri 900 contratti». L'ottimismo non basta. Tanto che ora per riuscire ad evadere quella mole di lavoro in Prefettura dovrebbero arrivare 40 interinali. Persone assunte a contratto e messe a lavorare solo sui contratti di lavoro dei permessi di soggiorno.
Anche stando così le cose però difficilmente si riuscirà a restare nei termini stabiliti dal ministero dell'Interno prima della sanatoria che indicava come limite ultimo per la consegna dei documenti maggio 2010. Inizialmente per il permesso di soggiorno gli unici uffici competenti erano le questure e i commissariati. Poi le cose invece di snellirsi si sono complicate. Oggi un immigrato per ottenere il permesso di soggiorno per motivi lavorativi (il 90 per cento dei casi) deve presentare la richiesta in Prefettura. Qui verrà convocato per firmare il contratto di lavoro. Con un attesa che almeno a Milano varia dai 10 ai 18 mesi. La Prefettura invia la richiesta alla questura la quale verifica che il richiedente non abbia già avuto condanne o decreti di espulsione. Firmato il contratto, l'immigrato, dopo aver spedito una raccomandata postale al ministero, viene convocato in questura per le impronte digitali e successivamente, superato l'iter, per ritirare il permesso di soggiorno. In totale possono passare anche due-tre anni.
«Il problema è serio - ammette Giuseppe De Angelis, a capo dell'ufficio immigrati della Questura di Milano -. Servono più uomini, altrimenti difficilmente Milano riuscirà a smaltire quei 74mila permessi di soggiorno. Senza contare che nel 2010 ci sarà un altro decreto flussi e quindi un’altra valanga di richieste. In questura nel mio ufficio lavorano 236 persone. Di queste il 47 per cento è addetta ai permessi di soggiorno. Ma non abbiamo solo quello da fare, ci sono le cittadinanze, gli asili politici. E poi ci sono i rinnovi dei permessi: solo per quelli io vedo 70 avvocati a settimana. Siamo una città da 300mila immigrati.
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